In volo nel tempo: amarcord vallese

Le immagini del passato evocano ricordi, suscitano la memoria di chi c’era, sono testimonianza di ciò che è stato. Contribuiscono, a volte in maniera decisiva, a trasferire quella memoria, a rendere concreta quell’eredità che ciascuno, nel suo ambito personale, e tutti, in quello comunitario, riceviamo dai nostri “maggiori”, da chi ci ha preceduto nella grande avventura del mondo. Quando quelle immagini riguardano i luoghi della nostra vita, quelli del nostro paese, quelli di cui abbiamo sentito raccontare; luoghi in cui genitori, nonni, avi, bisavoli hanno vissuto, con le strade e le piazze chissà quante volte percorse e a noi familiari (appunto perché conosciute e vissute anche da loro), allora sembrano passarci davanti le loro storie, intrecciate e unite a quelle di tanti altri a formare una storia più grande, la Storia di cui leggiamo nei libri, spesso distrattamente e senza coglierne in pieno il significato.

Il potere di una foto o di una cartolina d’epoca può essere davvero tanto, non solo perché oggi viviamo in una società dell’immagine, che – a dir la verità – le foto le consuma, non le lascia diventare memoria, le guarda per un secondo, al massimo due, per poi cestinarle o abbandonarle a se stesse nella memoria meccanica dello smartphone (fate una prova: controllate quante foto inutili e dimenticate avete in questo momento sul cellulare); ma soprattutto perché quel potere ci proietta nel passato di quell’immagine, quasi come un viaggio nel tempo non altrimenti possibile, e può farci scoprire un mondo, forse solo intuirlo, di cui è bello fare esperienza, smuovendoci dal nostro appiattimento sul presente o, peggio, sull’istante, e allargando i nostri orizzonti temporali.

Qui sotto vi proponiamo un viaggio di questo tipo. Ci muoviamo poco nello spazio e molto nel tempo, con cartoline riferite a Vallo nel corso del Novecento. Il soggetto è soprattutto la piazza principale, poi i giardini e qualche altra cosa. Si spazia dagli inizi di quel secolo fino a giorni a noi più vicini. Ed è divertente, oltre che significativo, confrontare il nostro oggi con i tanti ieri che appaiono rappresentati, senza mai dimenticare che gli istanti immortalati nelle foto, prima di diventare “passato”, sono stati il “presente” di quegli uomini che, a volte, sembrano guardarci, ignari però del nostro sguardo. Dunque, comprensione e mente aperta nei loro confronti e verso il loro mondo. In fondo, sono parte della nostra famiglia se allarghiamo questo concetto all’intera comunità. Chissà cosa diranno di noi, fra cent’anni, i posteri che ci guarderanno in foto o filmati – per loro – d’epoca, la nostra epoca!

Quando non diversamente indicato, tutte le cartoline sono tratta dal volume di Giuseppe Mollo e Ernesto Apicella, Le più Belle Cartoline del Cilento dal 1880 ad oggi, V. 1, Ernesto Apicella Editore, Agropoli, 2007.

Ecco piazza Vittorio Emanuele agli inizi del Novecento, forse a cavallo tra i due secoli:

Foto n. 1
Foto n. 1
Foto n. 2
Foto n. 2

Al centro c’è la grande vasca in pietra, tutt’attorno lo spazio vuoto dove si teneva il mercato domenicale. Le palme sono ancora di là da venire, mentre due filari d’alberi tentano di fare della strada adiacente un viale alberato. Gli spazi sono ampi per l’assenza di auto, solo qualche “ciuccio” nella foto n. 2 a indicare qual era il principale mezzo di locomozione. Tra gli alberi si notano i lampioni dell’illuminazione pubblica; è probabile che – soprattutto nella foto n. 2 – siano già quelli funzionanti ad energia elettrica, invece che a gas acetilene, dal momento che è proprio in questi anni che arriva tale novità. Sullo sfondo, si nota la bandiera italiana (con lo stemma sabaudo al centro) che sventola al primo piano del palazzo Campanile. Si trattava, con ogni probabilità, della sede di un ufficio pubblico.

Foto n. 3
Foto n. 3

Anche se spedita nel 1920, la foto – edita da Pasquale Castellano – risale a qualche anno prima, forse ancora durante la guerra mondiale. La vasca è sparita o, forse, sembra di capire, sia stata inglobata nel rialzo della nuova sistemazione del centro della piazza, che è diventata una sorta di giardino, con aiuole e piante ornamentali. Il tutto – sembra strano – a danno degli spazi riservati al mercato! Aiuole che però non dureranno a lungo, come vedremo. Sia la piazza che la strada sembrano essere ancora in terra battuta. Al centro, con un atteggiamento compiaciuto e quasi in posa, guardano l’obiettivo della macchina fotografica – posizionata a metà circa della discesa dei portici – due gruppi di uomini. Dal loro abbigliamento, ma soprattutto dal cappello, sembra di essere in piena Belle époque, se si prescinde dalle popolane che camminano in mezzo alla strada alle loro spalle. Qualcuno dà l’idea di un vero dandy un po’ alla Oscar Wilde. A destra, s’intravede anche la tenda di una farmacia, di cui non leggiamo il nome. Forse è la prima aperta in paese.

Foto n. 4
Foto n. 4
Foto n. 5
Foto n. 5

Ancora due foto di Castellano. Spedite in anni diversi, risalgono entrambe ai primi anni Venti, come attestano l’assenza del monumento ai caduti – del ’24-25 – e del palazzo dell’Istituto Pinto, i cui lavori iniziano nei primi mesi del ’25. Sullo sfondo, manca anche palazzo Lettieri, ma quello verrà molto dopo, nel 1934. Mentre la strada è riuscita a diventare alberata, fino in fondo alla chiesa di S. Maria, le aiuole hanno ceduto il posto alle palme, piantate da poco. Le foto sono ancora una rarità, quando c’è un obiettivo tutti si mettono in posa: guardate, soprattutto nella n. 4, ma anche i bambini nella 5, come sono fermi e attenti. Poco distante dai portici, anche la donna con la cesta in equilibrio sulla testa si è fermata e, nella n. 5, guardano nella nostra direzione – ci sembra – anche quelli in piedi sul carretto (volgarmente chiamato traìno). La facciata del palazzo comunale è ancora rustica, sarà intonacata solo alla fine di quel decennio, ma, ai lati dell’ingresso principale, già ci sono le due lapidi poste nel cinquantenario dell’Unità (1911). Sopra al portone sui portici si intravede uno stemma: è l’entrata della Sottoprefettura. Ufficio che da lì a qualche anno – 1926 – sarà soppresso. Tornando alla foto n. 5, si intravedono ai bordi della strada dei pali paralleli molto alti posti in verticale e non proprio diritti. Forse si tratta dell’inizio di qualche addobbo festivo: luminarie, pennoni, bandiere e cose di questo genere.

Foto n. 6
Foto n. 6
Foto n. 7
Foto n. 7

Qui siamo nel secondo dopoguerra, fine Quaranta-inizi anni Cinquanta. La prima cosa che risalta sono le auto e, di conseguenza, le pompe di benzina, che fanno bella mostra di sé proprio al centro della piazza. La Shell e la Esso, ma ce n’era anche una terza dell’Agip, che si vede in una foto successiva. Sono il segno che la motorizzazione è ormai arrivata ed è in crescita. Le auto e gli autocarri sono ancora quelli di qualche tempo prima, ma sembra di vedere nella foto n. 6 una Seicento, in produzione proprio dalla metà dei Cinquanta. Il mito dell’auto per tutti sta per interessare anche le nostre strade. Quasi nascosto dagli alberi, s’intravede al centro della piazza il chiosco che vendeva bibite e altro, rimasto lì fino a, credo, gli anni Settanta. Quello per i giornali, invece, è ancora di là da venire.

Foto n. 8
Foto n. 8
Foto n. 9
Foto n. 9
Foto n. 10
Foto n. 10

Siamo in pieni anni Cinquanta e, forse, l’ultima risale agli inizi dei Sessanta. Di nuovo pompe di benzina e auto, ma queste ultime – a dir la verità – sono ancora poche. Il miracolo economico sta solo lambendo il nostro territorio e non tutti possono permettersi l’automobile. Nella foto n. 8, gli ombrelloni riparano gli avventori dei due bar di cui s’intravede l’insegna, mentre si leggono bene le insegne dell’Albergo “Centrale” (a sinistra) e il cartello indicatore dell’Albergo “Risorgimento” (a destra): le due strutture, a poca distanza l’una dall’altra, indicano un certo sviluppo in atto in paese. In sosta al centro, una bella Lambretta, ma forse è una Vespa. Nella n. 9, un’auto e una moto sono parcheggiate, ancora solitarie, a lato della carreggiata, mentre una Cinquecento ci viene incontro nella direzione di marcia dell’epoca. Infine, nella foto n. 10, ci sembra di vedere dei cartelloni cinematografici affissi alle pareti del palazzo Lettieri, forse lì c’era ancora il cinema aperto qualche anno prima.

Foto n. 11 (Cartolina d'epoca dell'autore)
Foto n. 11 (Cartolina d’epoca dell’autore)

Anni Ottanta, forse inizi Novanta. Siamo ai giorni nostri o almeno, il colore e la veduta aerea, ci danno questa impressione di vicinanza temporale. Le auto hanno invaso la piazza e pure i portici. Le palme – forse le stesse di sessant’anni prima – ormai torreggiano sulla pavimentazione degli anni Settanta, rinnovata di recente. I telefoni a gettoni, o a scheda, esistono ancora, sono scomparse invece le vecchie cabine. La telefonia fa passi in avanti, ma non è ancora mobile. Dietro al Municipio fa capolino il mezzo busto di mons. Alfredo Pinto, posto al centro dell’omonima piazzetta e attorniato da aiuole. Forse, a qualche decennio dalla sua collocazione in quel luogo, è ancora capace di tener viva la memoria di quell’uomo e della sua azione. Non sarà così negli anni seguenti.

Foto n. 12
Foto n. 12
Foto n. 13
Foto n. 13
Foto n. 14
Foto n. 14

Da evidenziare soprattutto la n. 12, risalente agli inizi degli anni Venti. All’epoca, in quello che era l’antico foro bovaro, che si teneva nello spazio tra la fontana e il muro, si realizzò il Parco della Rimembranza, un vero giardino pubblico anche in memoria dei caduti. Senza data, e difficile da datare con precisione, la n. 13, ma forse anni Quaranta-Cinquanta (pure Sessanta). Tutti, anche i bambini scalzi, posano per la foto, tranne le donne al centro che, indifferenti (forse apposta), parlano tra loro. La foto n. 14, invece, risale agli anni Cinquanta. Dietro ai rami degli alberi, fa bella mostra di sé il mitico Bar “Quattro Leoni”, mentre a destra ancora una pompa di benzina, stavolta della dimenticata Caltex, l’antesignana della Chevron. Al centro, auto e camion e il corso non ancora sventrato col “mostro” del palazzo Russo.

Foto n. 15 (F. dell'autore)
Foto n. 15 (F. dell’autore)

Qui c’è una strada che non c’è più. Il luogo è molto cambiato ed è quasi irriconoscibile, a parte il palazzo al centro. Da quanto si intravede a sinistra, si capisce che siamo nei pressi della piazza principale. A destra, invece, è ben evidente il muro che chiude lo spazio in cui si aprirà la futura e attuale via Stefano Passaro. Ancora a sinistra, si vede parte di un muro di quella che doveva essere l’antica chiesa di “S. Antonio alla Varchera”, appartenente alla famiglia Pinto, che, a metà degli anni Cinquanta, sarà abbattuta e inglobata nell’edificio delle elementari e dell’asilo costruito dall’Ente Pinto. La scena ripresa sembra essere quella di una fiera o di un mercato, magari quello domenicale esteso ben oltre la piazza sottostante. Asini, carri, carrozzelle, botti, e la concitazione dei presenti sembrano non lasciare dubbi. Il vestiario di quelle donne con in testa il “maccaturo” bianco e degli uomini, oltre all’esclusivo ricorso alla trazione animale, collocano la scena a circa un secolo fa, forse al massimo agli anni Trenta. Oggi via Monti e l’apertura della citata via Passaro, l’edificio dell’asilo Pinto e quello dell’attuale banca vallese, ex cassa rurale, hanno completamente cambiato il volto di questa parte del paese. La foto, quindi, consente davvero un salto nel passato, praticamente in un altro mondo.

Foto n. 16 (Cartolina d'epoca dell'autore)
Foto n. 16 (Cartolina d’epoca dell’autore)
Foto n. 17 (Cartolina d'epoca dell'autore)
Foto n. 17 (Cartolina d’epoca dell’autore)
Foto n. 18 (Immagine devozionale d'epoca dell'autore
Foto n. 18 (Immagine devozionale d’epoca dell’autore
Foto n. 19 (Immagine devozionale d'epoca dell'autore)
Foto n. 19 (Immagine devozionale d’epoca dell’autore)

Naturalmente, non poteva mancare il nostro S. Pantaleo, che fa da collante alle tante dinamiche storiche locali e il cui culto rappresenta un elemento di continuità e unitarietà. Richiamo l’attenzione sulle due fotocomposizioni che illustrano vividamente l’esercizio del patronato del Santo sul paese e i suoi abitanti. Da notare le foto sotto la statua che troneggia nel cielo; risalgono agli anni Venti e agli Sessanta del Novecento e, viste insieme, rappresentano esattamente la continuità del richiamo religioso nel cambiamento della comunità sottostante, uguale e diversa al tempo stesso.

Author: manlio morra

3 thoughts on “In volo nel tempo: amarcord vallese

  1. Grazie Manlio, per questo viaggio illustrato e con commenti di particolari che rendono più  chiari e anche simpatici i vari cambiamenti susseguiti nel corso degli anni fino ad oggi a Vallo della lucania. Penso che ognuno di noi abbia conservato qualche foto o cartolina dei tempi passati ,dei nostri luoghi e ogni tanto le  riguardi con emozione, per storie tramandate dai nosrti cari e riconoscendo qualche contesto e magari qualche persona, anche parenti, di cui si sono apprese notizie, racconti, ci fa sentire parte di questo luogo, così cambiato negli anni, ma che resta sempre il nostro paese, con la sua storia da apprendere e da raccontare e ciò ci avvicina gli uni altri, spazza via le distanze sociali e ci fa sentire fieri di essere “vallesi” e ci  fa sperare in una crescita e in opportunità per i nostri giovani, per un rilancio meritato di un paese che deve continuare ad essere un punto di riferimento, etico, culturale  per il nostro grande Cilento.

  2. Queste cartoline mi fanno ritornare alla mente i racconti della mia nonna materna, che ha vissuto tutta la sua giovinezza a Vallo prima di sposarsi ed emigrare in Venezuela con mio nonno.
    Stavo pensando che a quei racconti mancavano solo le immagini, e devo dire che queste non si discostano poi così tanto dall’immaginazione. La famiglia di mia nonna e le persone rappresentate in cartolina parlano chiaramente di una popolazione di contadini, pastori e artigiani, cresciuti attorno e nelle terre della nostra Vallo.
    Nostalgia del passato nel vedere tanta folla e tanta aggregazione attorno al lavoro di ognuno (la fiera, il mercato, i prodotti di artigianato) e tanta preoccupazione per un futuro che è povero di lavoro ma soprattutto, per Vallo e il Cilento, povero di persone.

  3. Tra le costruzioni della nostra piazza, quella a me cara, sicuramente, la vecchia sede della Stazione dei Real Carabinieri di Vallo. Intorno al 1925, vi giunse, uno dei tanti Appuntati che lì doveva svolgere servizio.
    Proveniva da Napoli e aveva girato un po’ tutte le sedi dislocate tra il circondario di Napoli e quello di Salerno. Certo, arrivare a Vallo, significava, per lui, semplicemente passare qualche anno con altri commilitoni come lui e poi andare via.
    Tra le sue aspirazioni non c’era quella di fermarsi in questo posto troppo lontano e semisconosciuto.
    Eppure, forse una processione di San Pantaleo, forse una conoscenza di qualche familiare … trovò
    la ragazza adatta a lui.
    Non fu facile avvicinarla e ancor più presentarsi alla sua famiglia….ma ci riuscì!

Rispondi a Aniello Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *