San Pantaleone, la nostra novena e le altre…

La novena è canto e preghiera, invocazione e ringraziamento, liturgia e pastorale. Unendo la memoria della santità alla capacità di renderla presente, essa è storia e tradizione, culto e attualità. Nel nostro caso – quello della novena di San Pantaleone, che risuona nella cattedrale di Vallo ogni estate, nella seconda metà di luglio, e lo fa con quell’organo che è il frutto di una grazia ricevuta proprio dal nostro Martire da parte dell’organaro vallese Silverio Carelli – essa è il ricordo delle generazioni di vallesi che l’hanno cantata, suonata, pregata nel tempo; è la memoria più viva dei contemporanei che sono cresciuti con le sue parole antiche e la sua melodia dolce e ripetitiva come un canto d’infanzia.

L’appuntamento estivo del novenario è per ogni vallese, anche per i meno praticanti, un ricorrente incontro con se stesso, con i propri cari e con quanti, risalendo indietro nel tempo, hanno tramandato una tradizione, ereditandola e trasmettendola in eredità, come un lungo e continuo filo che si distende nei secoli o, se volete, si intreccia tra terra e cielo, tra le sofferenze quotidiane – sempre uguali, eppure sempre diverse – delle generazioni di fedeli e l’eterno esempio di testimonianza del Martire Pantaleone.

Nelle sue parole si ripercorrono la vita e le gesta del Santo, seguendo la tradizione biografica assai ricca e variegata, come lo è il suo culto. Naturalmente, si tratta di un panegirico, l’intento è cioè celebrativo, si elogiano le scelte e le azioni compiute dal Martire a dimostrarne la coerenza e la fortezza della fede. E dunque, come è tipico del genere, si riempie il racconto di fatti mirabolanti; in particolare, il percorso verso il martirio è costellato di interventi miracolosi, di conversione dei carnefici, di un crescendo di crudeltà da cui Pantaleone esce illeso, fino a concludersi quando, per volontà divina, versa il suo sangue sotto i colpi della lama del boia.

Con questi intenti, il panegirista può scrivere e il popolo cantare in strofe intervallate da preghiere e invocazioni:

  • Al martirio apparecchiato / Tutto doni innanzi morte / Il tuo censo e de la sorte / Tempri al povero il rigor. Per evidenziarne la generosità e la capacità di spogliarsi di tutto e prepararsi alla grande prova della testimonianza per Cristo.
  • Non a te di vive arsure / D’aspri ferri il morso è atroce / Non bollente piombo coce / Non il mare ti affogò. Qui in evidenza la crudeltà dei tormenti messi in atto per farlo ricredere e/o giustiziarlo: i pettini taglienti per dilaniargli le carni; la tortura della caldaia piena di piombo liquefatto e bollente; l’immersione in mare con un macigno al collo.
  • Su le membra tue la scure / Molle è cera ai colpi suoi / Fu voler di Cristo poi / Se la testa di troncò. Solo la volontà di quel Gesù che lo aveva scelto come suo eroe ne permise la morte, mentre i precedenti tentativi di colpirlo con la spada erano falliti perché la lama si era fatta molle come la cera e i suoi carnefici, impressionati dal miracolo, si erano convertiti.
  • Corse l’onda scolorita / Del mirabil sangue appena / Che di latte per l’arena / Rivo candido si fe’. Il riferimento al sangue è immancabile per un martire, soprattutto considerando che a Vallo se ne conserva una piccola quantità come reliquia. Vi si aggiunge anche un altro miracolo, quello della presenza, insieme al sangue, del latte, simbolo di innocenza.

Le strofe si soffermano anche sui miracoli compiuti dal giovane Pantaleone in seguito all’incontro col messaggio di Cristo; dal primo che ne segnò la conversione, quando invocò il nome di Gesù per ridonare la vita a un fanciullo ucciso dal morso di una vipera (Furon primi tuoi portenti / Il fanciullo redivivo / Che di vita l’angue privo / Dura morte gl’inferì) a uno dei più importanti perché segnò la conversione del padre Eustorgio, quando donò la vista a un cieco (Per te il doppio velo innato / Cadde al cieco e il sole ei vide: / L’unghie livide omicide / Svelse ai morbi il tuo valor).

In virtù di questi miracoli e di quella fedeltà dinanzi alla suprema prova del martirio, raccontati con un linguaggio antico a metà tra la sintesi poetica e il verso cantabile, i fedeli possono con gioia e speranza invocare la protezione del Santo cantando ripetutamente il ritornello: Tu dall’alto delle sfere / Protettore glorioso / Deh, rivolgiti pietoso / A chi chiede i tuoi favor. È questo il momento catartico in cui si prega, si invoca, si loda, insieme, per sé, per la comunità.

La novena nell’ultima e attuale versione (I)
La novena nell’ultima e attuale versione (I)
La novena nell’ultima e attuale versione (II)
La novena nell’ultima e attuale versione (II)
La novena nell’ultima e attuale versione (III)
La novena nell’ultima e attuale versione (III)
La novena nell’ultima e attuale versione (IV)
La novena nell’ultima e attuale versione (IV)
La novena nell'ultima e attuale versione (V)
La novena nell’ultima e attuale versione (V)
La novena nell’ultima e attuale versione (VI)
La novena nell’ultima e attuale versione (VI)
La novena nell'ultima e attuale versione (VII)
La novena nell’ultima e attuale versione (VII)

Il testo della novena è stato pubblicato più volte nel corso del tempo da parte dei parroci della cattedrale. L’ultima sua edizione risale al 2005, quando, in occasione del 17° centenario del martirio di San Pantaleone (27 luglio 305), don Aniello Scavarelli promosse il volumetto La chiesa e il culto di S. Pantaleone a Vallo della Lucania, contenente anche alcuni approfondimenti storici sulla diocesi e la cattedrale (il saggio del prof. Luigi Rossi) e sulla biografia del Martire di Nicomedia (un testo scritto agli inizi del Novecento da mons. Giovanni Maiese). In copertina risaltava la rinnovata facciata della cattedrale con il bel mosaico posto nella nicchia sopra il portone principale.

Oltre vent’anni prima, invece, era uscita la pubblicazione curata dall’allora parroco don Angelo Imbriaco, col più sobrio titolo S. Pantaleone Patrono di Vallo della Lucania. Anche in quel caso la novena era accompagnata da brevi interventi saggistici sulla storia diocesana e il culto del santo (sempre curato dal Rossi) e sulla sua biografia (si stampava, forse per la prima volta dalla sua uscita nel 1910, lo stesso testo di mons. Maiese poi ripreso vent’anni dopo). Se le intenzioni erano sempre quelle di far conoscere la vita del santo di cui si celebrava il martirio, le circostanze da cui nasceva questo libretto del 1982 erano del tutto particolari. Si era infatti all’indomani del terremoto che aveva provocato gravi danni al patrimonio religioso diocesano e il parroco scriveva: “Il terribile sisma del 23.11.1980 ha reso inagibile la Chiesa Cattedrale di S. Pantaleone. Come il popolo ebreo nella dura esperienza dell’esilio, sentiamo anche noi oggi la struggente nostalgia del ‘Tempio’, dimora di Dio in mezzo a noi”. Un “esilio” che sarebbe durato altri sette anni, fino alla riapertura della Cattedrale nel 1989, e durante il quale la comunità era chiamata a stringersi attorno al culto del suo Protettore, temporaneamente celebrato nella vicina chiesa del Crocifisso.

Copertina del libretto pubblicato nel 2005
Copertina del libretto pubblicato nel 2005
Quarta di copertina del libretto pubblicato nel 2005
Quarta di copertina del libretto pubblicato nel 2005
Copertina del libretto pubblicato nel 1982
Copertina del libretto pubblicato nel 1982

Confrontando il testo della novena nelle due pubblicazioni citate, vengono in evidenza le modifiche apportate in quello dei primi anni Duemila. Mentre le strofe rimangono uguali, a cambiare sono le invocazioni che ad esse si alternano, rese più sintetiche e aggiornate per contenuti e forma con l’intento, probabilmente, di proporre un testo più scorrevole senza intaccarne la sostanza. Invariato rimane l’Inno al Santo, che già nel 1982 era stato pubblicato tradotto, forse per la prima volta, in italiano dal latino in cui lo si cantava in precedenza (non sappiamo però quando fosse avvenuto tale cambiamento, anche se è presumibile negli anni immediatamente postconciliari, cioè tra la seconda metà dei ’60 e la prima metà dei ’70).

A questo proposito, abbiamo rintracciato una più antica e spartana pubblicazione (quattro piccoli fogli sciolti) che riproduce l’intera novena col vecchio testo in latino dell’Inno (Dum tuas laudes, meritosque honore…). Ve la proponiamo qua sotto:

La novena nel testo più antico e con l’Inno in latino (I)
La novena nel testo più antico e con l’Inno in latino (I)
La novena nel testo più antico e con l’Inno in latino (II)
La novena nel testo più antico e con l’Inno in latino (II)
La novena nel testo più antico e con l’Inno in latino (III)
La novena nel testo più antico e con l’Inno in latino (III)
La novena nel testo più antico e con l’Inno in latino (IV)
La novena nel testo più antico e con l’Inno in latino (IV)
La novena nel testo più antico e con l’Inno in latino (IV)
La novena nel testo più antico e con l’Inno in latino (IV)

In passato, esisteva – purtroppo neanche in questo caso siamo in grado di fornirvi una data precisa – una “Novena breve” a San Pantaleone diffusa in paese, probabilmente, per devozione privata. Non crediamo se ne facesse uso pubblico e liturgico, in sostituzione di quella “lunga”, essendo finalizzata esplicitamente a invocare grazie al Martire. Eccovene il testo, pubblicato in un volantino privo di altre informazioni, soprattutto di quelle utili a contestualizzarlo:

Novena breve di San Pantaleone (I)
Novena breve di San Pantaleone (I)
Novena breve di San Pantaleone (II)
Novena breve di San Pantaleone (II)
Novena breve di San Pantaleone (III)
Novena breve di San Pantaleone (III)

Come sappiamo, quello di San Pantaleone è un culto diffusissimo sia in Occidente che nell’Oriente ortodosso. Da Madrid a Colonia, da Parigi a Roma, da Venezia al Monte Athos, fino all’Egitto, alla Turchia e agli Stati Uniti: la strada percorsa da Pantaleone è stata davvero tanta. In Italia la sua presenza è fittissima. Lo troviamo a Napoli ma anche a Bergamo, in Calabria ma anche in Val d’Aosta, in Sardegna (Macomer, Olbia) e a Parma, Crema, Genova, Lucca, Reggio Emilia. Molto rinomato è il culto di Ravello, soprattutto per la grande ampolla di sangue ivi custodita, da cui nei secoli passati si è attinto spesso per costituire nuove reliquie. Le nostre poche gocce di sangue provengono proprio da questa località della costiera e – a quanto pare – anche il testo della novena, eccettuate le strofe del canto, è mutuato in larga misura, con modifiche e riduzioni, dalla novena di metà Ottocento riportata (e forse composta) dal sacerdote ravellese Ferdinando Mansi nel suo volumetto Vita del glorioso martire S. Pantaleone Medico.

Il Nostro è invocato come intercessore quasi universale nel campo della salute del corpo e dell’anima. Insieme a San Luca e ai Santi Cosma e Damiano, è il santo medico cui maggiormente si ricorre. Ne consegue che numerose siano anche le preghiere, le invocazioni, i tridui e le novene a lui dedicate. Ne abbiamo trovata una in quello strano volume dal titolo equivoco “Il libro magico di San Pantaleone”, pubblicazione realizzata a Napoli a fine Ottocento che è a metà tra opuscolo devozionale popolare e smorfia, tra sacro e profano, ma che contiene alcune preghiere interessanti. Ecco la nostra novena:

Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (I)
Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (I)
Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (II)
Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (II)
Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (III)
Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (III)
Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (IV)
Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (IV)
Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (V)
Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (V)
Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (VI)
Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (VI)
Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (VII)
Novena tratta da Il libro magico di San Pantaleone (VII)

Author: manlio morra

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