Riprendendo il discorso del precedente articolo, in cui ci occupavamo dei lavori compiuti nella cattedrale di Vallo nel 1951-52, e per tener fede alla promessa lì fatta al termine dell’esposizione, continuiamo a parlare delle celebrazioni per il primo centenario del trasferimento della sede episcopale a Vallo della Lucania.
L’evento – ormai lo sappiamo – fu sostanziato di varie iniziative. Dopo l’inaugurazione del restauro della cattedrale il 21 settembre ’52, si tennero gli Esercizi spirituali dei Redentoristi, durati fino al 30 dello stesso mese. Nel pomeriggio del successivo 1° ottobre iniziò solennemente il Congresso eucaristico diocesano con la presenza del vescovo locale, mons. Savarese, dell’arcivescovo di Salerno, mons. Demetrio Moscato, del vescovo di Albenga, mons. Raffaele De Giuli (ex vescovo diocesano – 1936-46) e del vescovo di Mileto, mons. Enrico Nicodemo (sacerdote diocesano ai tempi di Cammarota e dello stesso De Giuli).
Il congresso doveva durare fino al 5 ottobre, e vedere impegnati praticamente tutti i vescovi della regione ecclesiastica salernitano-lucana, che si sarebbero avvicendati nelle celebrazioni e nelle relazioni previste durante i vari giorni, ognuno dei quali dedicato a temi diversi: dalla famiglia al clero, dall’Azione cattolica all’Eucaristia. Ma l’ospite d’onore sarebbe stato il cardinale Adeodato Piazza, in arrivo a Vallo il 3 ottobre. Per dare un’idea del modo in cui viene accolto e, in generale, del clima dell’epoca, cediamo la parola all’anonimo cronista del Bollettino diocesano che, con linguaggio pomposo e retorico, pieno di reverenza, di toni trionfalistici e di titoli in maiuscolo (normali nell’Italia dei primi anni democristiani e nella chiesa di Pio XII, ancora lontana dal Vaticano II), scrive del suo “solenne ingresso” in paese:
“Il 3 ottobre, la luce di centinaia di fari di automobili, nel crepuscolo della chiara sera autunnale, ha annunziato all’enorme folla raccolta in piazza dell’Episcopio, che l’arrivo di Sua Eminenza il Signor Cardinale Adeodato G. Piazza, Segretario della S. Congregazione Concistoriale e Vescovo di Sabina e Poggio Mirteto, era imminente. Arabeschi di luci multicolori sbocciavano, quasi come una fioritura gigantesca per tutto il Corso Vittorio Emanuele. Gli altoparlanti davano l’aire alle acclamazioni di mille e mille voci e mille e mille cuori: questo fiero popolo cilentano, sobrio nell’espressione dell’affetto come nel suo regime di vita, sente e acclama la grandezza di un’ora con la potenza di un’esplosione vulcanica. Sua Eminenza, appena sceso dalla macchina scoperta, ha passato in rivista il plotone d’onore, comandato dal Tenente dei carabinieri Ciccarelli. Sul palco poi ascoltava un vibrante indirizzo del Sindaco di Vallo, avv. Agostino Bellucci, quindi proseguiva ancora in macchina scoperta per la Cattedrale, attraverso la suggestiva galleria delle decine e decine di archi luminosi, che hanno allietato anche le altre sere del Congresso, scortato da sei carabinieri a cavallo in alta uniforme, tra ali di popolo osannante. Sedici Vescovi gli facevano corona: l’Arcivescovo Primate di Salerno, S. E. Mons. Demetrio Moscato, il nostro Ecc.mo Vescovo, l’Arcivescovo di Conza, S. E. Mons. Cristoforo Carullo, l’Arcivescovo di Amalfi S. E. Mons. Angelo Rossini, il Vescovo di Teggiano S. E. Mons. Oronzo Caldarola, il Vescovo di Albenga S. E. Mons. Raffaele De Giuli, il Vescovo di Aversa, S. E. Mons. Antonio Teutonico, il Vescovo di Cava S. E. Mons. Gennaro Fenizia, il Vescovo di Mileto S. E. Mons. Enrico Nicodemo, il Vescovo di Anglona e Tursi S. E. Mons. Pasquale Quaremba, il Vescovo di Campagna S. E. Mons. Giuseppe Palatucci, il Vescovo di Nusco S. E. Mons. Guido Casullo, il Vescovo di Nocera S. E. Mons. Fortunato Zoppas, l’Abate della Trinità di Cava, S. E. don Mauro De Caro.
Erano presenti anche S. E. il Prefetto di Salerno, Dott. Francesco Aria, il Questore, Dott. Pasquale Cianci, l’ambasciatore Marchese Giuseppe Talamo Atenolfi, nella cui villa in Vallo Scalo l’Em.mo Porporato aveva sostato per brevi istanti per indossare gli abiti di rito prima di salire in macchina scoperta per il solenne ingresso in Vallo. Il primo omaggio a Sua Eminenza da parte degli Ecc.mi Vescovi e delle Autorità era stato reso proprio nella villa di S. E. Talamo, mentre S. E. Mons. Vescovo col Sindaco di Vallo si era recato a Pompei per baciare la S. Porpora all’Ospite desideratissimo”.
In cattedrale il cardinale scopriva la lapide commemorativa del congresso eucaristico e del centenario. Il giorno seguente riceveva gli omaggi dell’Azione cattolica diocesana. L’intera giornata del 4 ottobre era stata dedicata alla principale associazione laicale cattolica, con la presenza del presidente nazionale, prof. Luigi Gedda, e dell’on. prof. Raffaele Lettieri. In mattinata, migliaia di aderenti avevano ascoltato nella piazza principale i discorsi degli ospiti e quello del presidente diocesano, Mario Valiante. Il card. Piazza, in quanto presidente della Commissione episcopale per l’alta direzione dell’ACI (l’Azione Cattolica, non il club degli automobilisti), era la massima autorità ecclesiale (dopo il papa) su quell’associazione che coordinava l’apostolato dei laici italiani.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, viene inaugurata la cappella del seminario. Dopo il restauro della cattedrale, è uno dei momenti più importanti delle celebrazioni, anche perché quella chiesa è tra le principali realizzazioni del dinamico presule napoletano. Né Cammarota, che aveva eretto il nuovo seminario (inaugurato nel 1930), né il successore De Giuli erano riusciti a costruirla per mancanza di risorse finanziarie. Essa, dunque, è anche un motivo di orgoglio di mons. Savarese. Ma ridiamo la parola al cronista:
“L’Em.mo Principe [il card. Piazza] tagliava il nastro bianco-giallo (i colori papali) ed entrava nel magnifico ambiente, seguito dalle Autorità e da centinaia di invitati. Mentre la Schola Cantorum eseguiva l’Ecce Sacerdos del Perosi ed altri canti d’occasione, i presenti ammiravano la mole imponente dei lavori. La Cappella sorge sul refettorio, per un’area di circa 210 mq. I lavori furono affidati da S. E. Mons. Vescovo, nel luglio 1949, suo secondo anno di episcopato, all’impresa Bonaventura Cerqua, da Qualiano (Napoli), che dimostrò subito doti di serietà e di vera competenza, sotto l’abile guida dell’ingegnere Emilio Guariglia, preceduto per breve tempo dall’ingegnere Roccasalva”.
Savarese aveva completata la raccolta fondi già avviata dal predecessore subito dopo la fine della guerra. Per De Giuli, portare a termine i lavori del seminario con una cappella dignitosa doveva essere un modo per ringraziare il Signore di aver risparmiato alla diocesi distruzioni belliche più gravi (i danni maggiori si erano avuti durante l’estate del ’43, soprattutto nell’area di Paestum direttamente interessata dalla battaglia per lo sbarco). I due vescovi, insieme al cardinale, sono i primi ad entrare nei nuovi ambienti e possiamo solo immaginare la soddisfazione di entrambi nel vedere i risultati di un impegno durato anni, tanto più che ad essere inaugurata è un’intera ala dell’edificio voluto circa vent’anni prima da Cammarota, comprendente – oltre alla chiesa – il sottostante refettorio (già in uso, ma interessato da continue infiltrazioni d’acqua) e un nuovo dormitorio capace di quaranta posti.
Forse per maggior sicurezza, il vescovo si era affidato a un’impresa proveniente dal suo paese, che gli aveva garantito l’ultimazione dei lavori in tempi brevi. Non è improbabile che già nel ’49 pensasse di poterla aprire per il centenario della sede episcopale. Tornando ai fatti di quel giorno, il cronista passa a descrivere gli interni quasi seguendo gli sguardi dei presenti:
“L’interno della Cappella fa colpo. Sobrio ed elegante nei suoi marmi policromi l’altare, dono del Clero diocesano a S. E. Mons. Vescovo in occasione del suo venticinquesimo di sacerdozio. Alzando gli occhi al di sopra del Tabernacolo, l’Immacolata di Luca Giordano – copia di Alinari – par che inviti a pensieri di cielo”.
Mons. Savarese aveva celebrato il 25° di sacerdozio il precedente 16 aprile. A Vallo si era svolta una cerimonia solenne nella chiesa di S. Maria delle Grazie (la cattedrale era chiusa per i lavori di restauro), in occasione della quale mons. Alfredo Pinto, arcidiacono del capitolo, aveva consegnato al festeggiato 500.000 lire come contributo del clero (e del popolo) per l’altare della nuova cappella. Interessante anche la notizia del quadro posto sopra il tabernacolo che, come quello del Guercino collocato in cattedrale, era la copia di un’opera di un pittore celebre, in questo caso un grande maestro napoletano del Seicento; anch’essa realizzata dagli Alinari dall’originale esposto a Firenze nel Palazzo Pitti.
“Il soffitto, tutto a lacunari, finemente lavorato e decorato a stucco, par che si specchi nel pavimento a quadroni di marmo bianco e bardiglio: sospeso sulle trabeazioni, come sorretto da mani d’angeli, è forse la parte artisticamente più interessante. I quarantaquattro cassettoni fanno da ampia e solenne cornice a quattro quadri: su quello centrale il pittore Vito Formisano ha dipinto in una gloria di angeli l’assunzione di Maria SS.ma; in quello che sovrasta l’altare, un eterno Padre di ispirazione michelangiolesca campeggia in atteggiamento di potenza; negli altri due, finti bassorilievi ad encausto di puttini danno movimento a tutto il complesso”.
Il cronista segue lo sguardo dei presenti verso l’alto, invitando i lettori a fare lo stesso attraverso le sue parole. Nei temi artistici del soffitto vede quasi il riflesso degli eleganti quadroni di marmo a più colori del pavimento. Quei temi incorniciano le opere ad affresco ed encausto del maestro Formisano, che in quei mesi aveva lavorato alacremente anche in cattedrale. In continuazione del tema mariano presente con la grande tela del Giordano, egli – forse su commissione – realizza l’immagine di una Madonna Assunta con un tripudio di angioletti che richiama quelli dipinti nell’Immacolata.
“Ventotto lesene scanalate, sormontate da eleganti capitelli corinzi, rompono la superficie uniforme delle pareti, reggono la trabeazione riccamente decorata e armonizzano il cornicione con la zoccolatura in marmo portoro, alta cm. 90. Nei riquadri spiccano sette artistici finestroni dipinti a fuoco, che rappresentano rispettivamente le immagini di S. Giuseppe, S. Domenico, S. Carlo Borromeo, S. Giovanni Bosco, S. Luigi, S. Teresa del B. G. e Beato Pio X”.
La scelta dei santi rappresentati nei finestroni forse segue un ideale modello della santità da proporre a sacerdoti e seminaristi, col S. Giovanni Bosco protettore degli educatori e degli studenti, il S. Carlo Borromeo protettore dei seminaristi, il S. Luigi Gonzaga patrono della gioventù cattolica, il Beato Pio X, fondatore di seminari. Da notare che, quest’ultimo, all’epoca – 1952 – era appena stato beatificato (l’anno prima) e solo nel ’54 sarebbe stato proclamato santo (sul finestrone, però, rimane l’ormai anacronistica “B” di “Beato”, che consente una precisa storicizzazione dell’edificio). La presenza di S. Teresa di Lisieux è probabile faccia riferimento alla congregazione ad essa dedicata attiva in diocesi, che proprio Savarese pochi mesi prima aveva eretto in “Congregazione di diritto diocesano” con un decreto riconosciuto dalla S. Sede.
Finestroni
(foto R. Fierro 2024)
Il cronista termina la sua descrizione aggiungendo la notizia che a disegnare gli interni fosse stato lo stesso professore che aveva lavorato in cattedrale, realizzando, in particolare, i confessionali posti nel transetto.
“Ma ciò che maggiormente interessa è il senso di raccoglimento che invade l’anima in questo ambiente nella luce calma, che si diffonde attraverso le ampie vetrate colorate. S. E. Mons. Vescovo, l’impresario, l’ingegnere, il Prof. Gino Piloni, che ha disegnato l’interno e ha diretto i lavori di stuccatura, possono essere soddisfatti dell’opera, che sarà ‘monumentum aere perennius’.”
Anche in questo caso viene apposta in chiesa una lapide, mentre, tra i discorsi tenuti in quei giorni, spicca quello di mons. Nicodemo, vescovo di Mileto che, poco più di un mese dopo, avrebbe ricevuto la nomina ad arcivescovo di Bari. È ancora il nostro cronista a parlarne:
“Dopo lo scoprimento e la lettura della lapide commemorativa, alla presenza dell’Eminentissimo Cardinale, dei Vescovi, della autorità civili e di un’enorme massa di popolo, che si riversava nell’atrio del Seminario e sulla strada statale, S. E. Mons. Enrico Nicodemo ha pronunciato il discorso storico–commemorativo del centenario del trasferimento della Sede Vescovile da Capaccio a Vallo della Lucania: un discorso poderoso, magistrale, impossibile a sintetizzarsi, perché ogni frase, ogni espressione contribuisce all’armonia dell’insieme. Il centenario riassunto nella storia di otto Vescovi, che hanno reso gloriosa la Cattedra Episcopale: Marolda, Giampaolo, Siciliani, Maglione, Iacuzio, Cammarota, De Giuli, Savarese. Ogni Vescovo un baluardo di Cristo; ogni Vescovo un difensore della fede del popolo, un salvatore di anime, un costruttore di edifici per il culto e per l’istruzione della gioventù. Il pubblico ha lungamente applaudito, ripetutamente, perdutamente quando l’oratore poneva l’accento sulla carità che edifica. Alla fine una lunga, interminabile ovazione. La diocesi è grata a Mons. Nicodemo per questa possente rievocazione delle sue glorie”.
Per molti, quello del teologo fu un discorso memorabile che incorniciò adeguatamente l’evento, descrivendo la storia di una diocesi che, per circa vent’anni, lo aveva visto come protagonista.
Il seguente 5 ottobre, le celebrazioni del centenario si chiudevano con la solenne giornata eucaristica che concludeva il congresso iniziato il 1° dello stesso mese. Ancora una volta erano presenti tutti i vescovi della regione e il card. Piazza, che avrebbe salutato Vallo la mattina del giorno successivo. L’evento fu così consegnato alla storia della diocesi. Solo tre anni dopo, mons. Savarese, proprio agli inizi di ottobre, sarebbe morto a soli 52 anni.