San Pantaleone 2022: la processione reale

Ci son voluti tre anni ma, forse, siamo riusciti a tornare ad un’accettabile normalità. Avrete letto un po’ ovunque che questo è, o dovrebbe essere, l’anno della ripartenza, della ripresa di attività, rapporti, ritmi di un tempo, della riconquista di quella tranquillità perduta improvvisamente con l’incubo pandemia. Ebbene, noi, a Vallo, in questo 2022 per molti aspetti ancora critico, abbiamo creduto di poter davvero ripartire. E quale segnale migliore se non quello di celebrare nuovamente il principale dei nostri appuntamenti estivi: la festa di San Pantaleone?

A dire il vero, non avevamo mai smesso di farlo. Ma le feste del ’20 e del ’21, per forza maggiore erano state ridimensionate quanto a manifestazioni esterne e ridefinite nei tempi e nelle modalità di svolgimento. L’anno scorso invitavamo – attraverso un articolo che trovate ancora su questo sito – alla pazienza e alla prudenza, auspicando di poterci ritrovare quest’anno tutti dietro e dentro la nostra ricca e bella processione. In attesa, offrivamo una “processione virtuale”, con repertorio fotografico delle statue che non avremmo visto lungo le strade cittadine, data la soppressione per il secondo anno consecutivo del corteo sacro.

Quell’auspicio si è avverato: quest’anno la processione è tornata e tutti ne siamo stati partecipi; essa ha assunto più che mai, nella molteplice varietà delle sue componenti, la dimensione collettiva di un popolo in cammino. Non solo, ma attorno ad essa si è potuto sviluppare quello spettacolo di colori, suoni, luci, fuochi, bancarelle, che è parte integrante della festa anche se ci stanca per il suo frastuono e può infastidire chi non ama uscire dai binari della normalità o vi vede solo un’inopportuna invadenza del profano nel sacro. Si è potuta anche svolgere, con la solennità che le è propria, quella lunga fase di preparazione religiosa che ha al suo centro la Novena, un misterioso amalgama di canto, preghiera, invocazione, tenuto insieme dalla fede, dal ricordo e dalle emozioni di tutti e di ciascuno. Quei giorni sono stati animati da due ospiti d’eccezione – il francescano padre Giuseppe Castronuovo e il responsabile della Pastorale universitaria della diocesi de L’Aquila, don Federico Palmerini – la cui abilità omiletica ha consentito a tutti di compiere un percorso formativo e di riflessione basato sull’esegesi del libro di Tobia e sui temi offerti dalla testimonianza di fedeltà del giovane Pantaleone. A completare il quadro si è aggiunta anche una bella occasione di approfondimento culturale, voluta dal parroco e dettatagli dalla sua passione per i tanti esempi di santità che hanno costellato la storia cristiana: l’incontro con la prof.ssa Vitagrazia Pisani dell’Università di Amburgo. La prof ha relazionato sul tema San Pantaleone nella tradizione letteraria della Chiesa Etiopica che, a dire il vero, pur avendo il suo fascino arcaico (manoscritti antichissimi, codici conservati in biblioteche londinesi, lingue sconosciute anche nel nome, terre e culture esotiche, ecc. ecc.) e confermando i fedeli locali circa l’ampiezza della diffusione della memoria del Martire di Nicomedia, è sembrato per il suo tecnicismo e i troppo numerosi rimandi storico-letterari specialistici non del tutto appropriato al contesto e in larga misura fuori dalla portata di gran parte dei presenti (compreso lo scrivente). Ma nessuno se ne è lamentato; d’altronde, non amiamo certo mostrare la nostra ignoranza.

La novena. L'organo Carelli in funzione
La novena. L’organo Carelli in funzione
La novena. L’organo Carelli (particolare)

La novena dalla cantoria della Cattedrale
Il convegno con la prof.ssa Vitagrazia Pisani

Il convegno con la prof.ss Vitagrazia Pisani
Luminarie e musica in p.zza S. Caterina

Luminarie in p.zza V. Emanuele
Luminarie in p.zza V. Emanuele
Luminarie in p.zza V. Emanuele

Tornando alla processione, quella che siamo in grado di presentarvi quest’anno non è più virtuale ma reale. Le foto che seguono sono fatte in mezzo alla gente, lungo il percorso, durante il non breve tragitto dalla cattedrale alla cattedrale, nel corso delle sue quattro fermate. Le statue, i portatori, gli accompagnatori, i religiosi, il popolo che segue attento, più spesso distratto, impegnato a fotografare, a filmare, a non perdere di vista i bambini, a legger loro i nomi dei santi, a spiegare il perché di quell’interminabile sequenza di strani individui che attraggono ed intimoriscono per il loro fascino e la loro esemplare coerenza: tutto questo e molto più è la processione del 27 luglio a Vallo.

Forse non tutti sanno che quelle statue non si trovano lì per caso né sono messe a casaccio, ma sono il frutto di una lunga e articolata storia e sono disposte nel corteo secondo un preciso ordine sistematico e gerarchico. Certo, i santi sono tutti uguali quanto a meriti e valore esemplare, ma c’è differenza tra un martire e un arcangelo, tra un sacerdote e un vescovo, e tale differenza è mostrata nell’ordine dato al loro procedere in processione. Molte di quelle statue hanno una storia lunghissima, o perché appartenute ad antiche famiglie gentilizie locali o perché provenienti dalle chiese sparse in paese che un tempo erano molto più numerose e quasi tutte officiate o, ancora, perché legate alla tradizione delle confraternite laicali e degli ordini religiosi attivi in passato nei due casali di Vallo e Spio, o, infine, perché oggetto a lungo di culto. È il caso, ad esempio, della cinquecentesca raffinata immagine di San Domenico di Guzman, segno evidente della secolare presenza dei Domenicani in paese, o della settecentesca imponente statua di San Francesco Saverio, o di quella dell’arcangelo Raffaele, una delle poche ancora conservate nella cappella privata di una famiglia locale (le altre due sono le statue di Sant’Agostino e di San Cataldo). Ma vengono in mente anche le effigi di San Filippo Neri, un tempo patrono di Vallo, di San Nicola di Mira e San Crescenzio, legate a due quartieri vallesi, di San Biagio e di San Vincenzo Ferrer, di cui fino a non molti decenni fa si celebrava anche la festa con relativa processione. Di uno dei santi, Toribio de Mogrovejo, esiste in paese l’omonima famiglia che discende da quel vescovo.

San Domenico (particolare)

San Domenico (particolare)
San Francesco Saverio (Preparazione della statua)
San Francesco Saverio (particolare)
San Francesco Saverio (particolare)

San Raffaele Arcangelo
San Raffaele Arcangelo (particolare)

San Cataldo
San Cataldo (particolare)

Non sapremmo ricostruire la storia di ognuna delle statue in processione il 27 luglio, né quella del culto del relativo santo, né delle vicende legate alla sua presenza nel corteo sacro capaci di raccontarci l’avvicendarsi nei decenni di portatori, responsabili, montatori e delle loro ansie e preoccupazioni per essere pronti ad “uscire” il 26 o il 27 di quel mese. Avremmo difficoltà anche a ricostruire la composizione dello stesso corteo e il suo variare nel tempo. Sappiamo, ad esempio, che agli inizi del Novecento le statue erano più numerose, circa 27, ma non c’è memoria del loro elenco, anche se presumibilmente molte dovevano essere le stesse di oggi (lo stesso santo ma, in alcuni casi, una statua differente, come, ad esempio, per San Biagio, San Nicola, forse Sant’Emidio). La forza di molti culti si è attenuata, altri sono scomparsi del tutto; così come con il tempo si sono estinte famiglie e sono venuti meno appassionati che si occupavano di questo o quell’altro “santo”. Ma la tradizione ha conservato l’effigie e la consuetudine di portarlo in processione, quasi a segnalare che in ciascuna di esse è racchiusa una storia da riscoprire, una memoria da far rivivere. In qualche caso, il fascino di una statua sta tutto in quella memoria perduta, la sua ostinata presenza nell’odierna processione è solo in apparenza muta perché rimanda a una storia di generazioni passate, di antichi fedeli, di sacerdoti, canonici o notabili devoti al suo culto e che a stento riusciamo a salvare dall’oblio o irrimediabilmente perduti. D’altronde, il passato è un puzzle del quale mancano molti pezzi e anche nel nostro caso dobbiamo arrenderci al mistero di questa mancanza. Se fossimo in grado di fare la storia di ogni statua (e, ancora più interessante, dell’intera processione così come la conosciamo oggi), col relativo culto e tutto ciò che ne discende, faremmo l’intera storia di Vallo, nei suoi aspetti religiosi e civili, sociali e cetuali, arrivando anche ai particolari più dettagliati inattingibili da altre prospettive.

San Vincenzo Ferrer e le sue ali d’Angelo dell’Apocalisse
San Vincenzo Ferrer (particolare del viso con la fiamma dello Spirito Santo)

San Vincenzo Ferrer (particolare del libro con l’invito a temere Dio)
San Nicola di Mira
San Nicola di Mira (particolare)

Santa Teresa di Lisieux (preparazione della statua)
Sant’Espedito (preparazione della statua)

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Ma freniamo le nostre divagazioni storico-cultuali, che rischiano di sfociare nel mitico e in una ricostruzione tutta o quasi posticcia della tradizione cui spesso si indulge in mancanza di documenti e dati certi, per tornare all’odierna processione e al dipanarsi in essa di quegli “eroi della fede” secondo un ordine che sembra prefigurare quello paradisiaco. Ordine di cui lo spettatore partecipe o soltanto curioso dovrebbe tener conto per vivere l’evento non come una semplice sfilata di immagini silenziose, magari coreografica che lascia, però, il tempo che trova; ma per quello che è oltre le apparenze: una vera esperienza di fede. Il corteo che precede il Patrono inizia con una santa monaca e si chiude con due dei tre arcangeli della tradizione biblica, quasi a dire che si va dall’umano al divino, dalla giovane e fresca fragilità di Santa Teresa di Lisieux alla potenza e alla perfezione angelica del guerriero Michele e del guaritore Raffaele. Diciamo subito che si inizia con quello che, a voler essere precisi e a giocare a fare un po’ i teologi della domenica, appare un errore. Da tempo, la carmelitana francese apre il gruppo dei santi, credo per una sorta di omaggio al gentil sesso – meglio sarebbe dire alla santità femminile –, essendo l’unica donna in processione, quasi una quota rosa ante litteram. Ma lo stare avanti in processione è segno di minore non maggiore importanza, dunque l’omaggio si trasforma – secondo la logica gerarchica che presiede quest’ordine – in una diminutio. In realtà, “S. Teresina” – piuttosto che fare categoria a sé come “donna santa” o, più correttamente, come “vergine” – dovrebbe collocarsi molto più indietro nel corteo – e quindi molto più in alto nella gerarchia – da quando, nel 1997, è stata proclamata “Dottore della Chiesa” (tra le poche donne con tale titolo, le altre sono Caterina da Siena, Teresa d’Avila e, più di recente, Ildegarda di Bingen). Il suo posto sarebbe all’incirca tra Sant’Alfonso e Sant’Agostino o nei pressi di Sant’Antonio da Padova, anch’egli “Dottore” ma sacerdote e non vescovo come i primi due. La nostra tradizione le assegna però quel posto e quel compito di apertura del catalogo della santità, e in un certo senso di esemplare introduzione ad essa, e farebbe strano vederla altrove, ricollocandola secondo la logica indicata. D’altronde, quella statua sta lì – credo – da quel lontano 1926, quando l’allora cappellano della chiesa di S. Caterina, can. Emilio Passaro, devoto della santa canonizzata appena un anno prima, ne fece riprodurre l’immagine.

Santa Teresa (inizio processione)
Santa Teresa (in piazza)
Santa Teresa (dopo la fermata al rione Spio)

Alle suore seguono i monaci e i sacerdoti, e allora ecco il “piccolo” Luigi Gonzaga e il “grande” Vincenzo Ferrer. Le dimensioni, naturalmente, sono solo delle statue che li raffigurano, l’uno, come giovane chierico gesuita imberbe e in contemplazione del Crocifisso, l’altro, come “angelo dell’Apocalisse” dotato di ali (tanto reali nella rappresentazione quanto metaforiche nelle intenzioni) e con la fiamma dello Spirito Santo sul capo, mentre con una mano regge un libro aperto su una pagina che invita a temere e onorare Dio in attesa del Giudizio. Un gesuita e un domenicano il cui culto a Vallo, un tempo, era molto vivo. Probabilmente, quest’ultimo risale ai secoli in cui operarono in paese i frati predicatori. Se non ricordo male, entrambe le statue, fino a qualche tempo fa, erano custodite nella chiesa del CID (Centro Incontro Dialogo, qualcuno lo ricorderà…), che aveva sostituito la ottocentesca cappella del Rosario, purtroppo abbattuta negli anni ’70 dello scorso secolo.

San Luigi (inizio processione)
San Vincenzo (inizio processione)
San Luigi e San Vincenzo (Durante il percorso)
San Vincenzo (in piazza)

Ma sono monaci anche Sant’Aniello e Sant’Antonio (che popolarmente chiamiamo “S. Antuono”), entrambi abati e che, per questo, formano un’altra categoria nel nostro corteo mobile del 27 luglio, quella, appunto, dei “monaci abati”. La statua del primo, il cui nome in realtà sarebbe “Agnello”, è custodita in una delle nicchie di destra della navata della cattedrale e il suo culto probabilmente deriva da quello antico e molto rinomato presente a Rodio, nel comune di Pisciotta. Un tempo, per la festa di agosto, ci si recava a piedi in questo paese – anche da Vallo – per parteciparvi, tanto era il rilievo che si dava a tale culto. Quanto all’Abate Antonio, questi è il fondatore del monachesimo ascetico orientale e il suo culto è certamente stato portato dai monaci bizantini, come quello di San Nicola col quale la statua condivide il luogo di custodia; quindi è antichissimo, la sua festa a metà gennaio segnava la stagione invernale delle famiglie contadine.

Sant’Aniello (inizio processione)
Sant’Aniello (in piazza)
Sant’Antonio Abate (durante il tragitto)
Sant’Antonio Abate (in piazza)

Veniamo ora a quattro pesi massimi: i sacerdoti o religiosi fondatori di Ordini. Si tratta di quattro statue a mezzo busto, due delle quali sono tra le più antiche e di maggior rilievo artistico presenti in processione. Quella di San Domenico di Guzman risale al Cinquecento ed ha le sue chiare origini nella presenza – a partire dalla seconda metà di quel secolo – dei Domenicani a Vallo nell’omonimo convento annesso alla chiesa di S. Maria delle Grazie (come nel caso di San Vincenzo Ferrer, cui si è accennato) ed è rappresentato con diversi elementi tipici della sua iconografia, tra cui spicca la stella sulla fronte simbolo di sapienza e ricordo della visione ricevuta dalla madre di una stella sulla fronte di suo figlio bambino; quella di San Francesco Saverio rimanda al culto settecentesco del patrono delle missioni, essendo la “nostra” statua della prima metà di quel secolo, come chiaramente indicato sulla base della stessa. Non sapremmo datare, invece, le due belle immagini di San Filippo Neri e di San Gaetano da Thiene, rappresentati con i loro riferimenti iconografici. Quest’ultimo, in particolare, con in braccio il bambino Gesù, secondo la nota visione avuta dallo stesso santo. Ci sembrano, però, entrambe di una certa antichità, per le caratteristiche che le assimilano ad altre.

San Francesco Saverio (inizio processione)
San Francesco Saverio (durante il tragitto)

San Francesco Saverio (autore e data di realizzazione della statua)
San Gaetano (inizio processione)
San Gaetano (durante il tragitto)

San Gaetano (particolare)
San Filippo Neri (inizio processione)
San Domenico (inizio processione)

San Domenico

Fa categoria a sé, come sacerdote e dottore della Chiesa, Sant’Antonio da Padova. Anche in questo caso nella rappresentazione è rispettata l’iconografia tipica del santo francescano (l’unico di quest’ordine presente in processione, mancando stranamente l’icona dello stesso San Francesco d’Assisi), con in braccio il Bambino e accanto il giglio. Il culto del Santo in paese è antico, se è rappresentato anche nel polittico della cappella Pinto nella chiesa di S. Maria delle Grazie (che è della prima metà del ‘500) e se, tra le varie cappelle a lui dedicate, ce n’era – sempre a Vallo – una risalente alla metà circa del ‘600, appartenente alla stessa famiglia Pinto, chiamata “cappella di S. Antonio alla Varchera”, poi abbattuta per far posto all’edificio dell’asilo e delle scuole elementari realizzato negli anni ’50 del Novecento dall’Ente Pinto.

Sant’Antonio (inizio processione)
Sant’Antonio (durante il percorso)

Lasciando il santo padovano, entriamo nella categoria dei “santi vescovi”, la più numerosa (soprattutto se vi aggiungiamo anche i martiri), divisa tra i vescovi – diciamo così – “normali” e quelli col titolo di “dottori della Chiesa”. Tra i primi, tre belle statue di San Toribio de Mogrovejo, di San Cataldo e di San Nicola di Mira; tra i secondi, quelle di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e di Sant’Agostino di Ippona. Quanto al primo, il culto rimanda alla presenza in paese di un ramo della famiglia dello stesso santo, ma il culto solenne lo si ritrova nella vicina comunità di Cannalonga; il vescovo di Taranto, Cataldo, invece è presente nella vicina Pattano, introdottovi nel Seicento dagli Zattara, marchesi di Novi, mentre la statua che portiamo in processione è custodita nella cappellina della famiglia Borghese; a San Nicola abbiamo già accennato, trattandosi di uno dei culti più antichi e più sentiti a Vallo, strettamente legato al rione Spio, che ancora ne celebra la festa il 6 dicembre di ogni anno, tenendo in gran cura l’antica cappella attorno a cui si sviluppò il casale. L’imponente statua, appena sottoposta ad un completo restauro, lo rappresenta con le insegne episcopali e i tratti iconografici classici. L’attuale immagine non è molto antica, avendosi notizia di una precedente statua in uso almeno fino ai primi decenni del Novecento (di cui forniamo qui sotto una rara foto). La presenza di Sant’Alfonso, non a caso custodito nella chiesa di S. Maria delle Grazie, testimonia l’attività svolta per circa un ventennio dai Redentoristi da lui fondati, che occuparono a metà Ottocento il convento annesso a quella chiesa, dal quale i Domenicani erano stati cacciati all’inizio dello stesso secolo. L’effigie di Sant’Agostino è tra le più piccole del corteo, ma anche tra le più preziose essendo una statua settecentesca di scuola napoletana. È custodita nell’omonima cappella del quartiere San Pantaleo, oggi in possesso della famiglia Giuliani.

San Toribio (inizio processione)
San Toribio (durante il tragitto)

San Cataldo (inizio processione)
San Nicola (inizio processione)

San Nicola (al rientro in cattedrale)
Antica statua di San Nicola

Sant’Alfonso (al rientro in cattedrale)
Sant’Alfonso (inizio processione)

Sant’Agostino (inizio processione)
Sant’Agostino (in piazza)

Salendo di grado, incontriamo i martiri, collocati quasi alla fine per il motivo tutto evidente nella loro testimonianza portata fino all’estremo sacrificio (alla categoria appartiene anche il “nostro” San Pantaleone, cui spetta però il posto d’onore in questo contesto gerarchico). Si tratta di culti molto antichi, tutti riferibili ai primi tempi cristiani. Anche tra essi distinguiamo i martiri “normali” (ma il termine è quanto mai inappropriato) dai martiri vescovi, posti, questi ultimi, dietro ai primi, come segno di un’ulteriore benemerenza. San Crescenzio e Sant’Espedito, sono i “normali”, le loro statue rimandano, la prima, all’antica presenza di una cappellina da cui è derivato l’omonimo nome al rione vallese (o viceversa), la seconda, a un culto non molto attestato in paese, ma che sembra essere anch’esso antico. Sant’Emidio e San Biagio sono, invece, i martiri che hanno assunto anche la funzione episcopale. L’imponente statua che rappresenta quest’ultimo in un gesto di benedizione rimanda al suo culto presente da tempo immemorabile nell’antica cappella della locale arciconfraternita della SS. Trinità o dei Pellegrini, sodalizio laicale nato nel XVI secolo. L’odierna statua di Sant’Emidio ha, proprio questo 2022, compiuto i quarant’anni, risalendo al periodo immediatamente successivo al terremoto del novembre 1980, che interessò tutto il territorio diocesano; ma si ha memoria almeno di una precedente statua in uso in tempi imprecisati. Una presenza che attesterebbe una certa antichità di tale culto, probabilmente ricorrente in seguito ad ogni evento tellurico, essendo il martire invocato a difesa dei pericoli provocati dai terremoti. Le piccole case raffigurate ai suoi piedi, e sulle quali il santo stende la sua mano protettrice, ne evidenziano tale patrocinio.

San Crescenzio (inizio processione)
Sant’Espedito (inizio processione)

San Crescenzio e Sant’Espedito (durante il tragitto)
Sant’Emidio (inizio processione)

Sant’Emidio (in piazza)

San Biagio (inizio processione)

San Biagio (in piazza)

Categoria a sé è anche quella costituita da San Giuseppe, l’unico tra i Patriarchi della Chiesa presenti in processione. A ben vedere, lo sposo di Maria ha un ruolo del tutto particolare, essendo il “custode del mistero”, il raccordo tra Gesù e Davide, l’uomo del silenzio e della pazienza, l’esempio cristiano più alto della dedizione al lavoro e alla famiglia. La nostra statua, di splendida fattura, lo rappresenta come nella tradizione, col Bambino in braccio che lo addita ad esempio.

San Giuseppe (inizio processione)
San Giuseppe (durante il tragitto)

Come anticipato, il corteo chiude in un crescendo. L’elenco degli umani cristificati è esaurito, si passa alle schiere angeliche, anzi ai due arcangeli, Raffaele e Michele. Il primo è rappresentato col giovane Tobia, in una statua che raffigura e sintetizza quanto è raccontato nell’omonimo libro della Bibbia, con tanto di pesce e altri oggetti simbolici presenti nella narrazione (per coglierne il senso occorre leggere il testo sacro). Si tratta dell’antica statua appartenente alla locale famiglia Passarelli, che ancora la custodisce nella propria cappella. Il secondo è, invece, rappresentato nelle sue vesti guerriere mentre schiaccia Satana. La statua sembra rimandare a quanto è raffigurato nella grande tela settecentesca di Andrea De Hippolytis esposta nel presbiterio della stessa cattedrale di Vallo (a sinistra guardando l’altare maggiore).

San Raffaele Arcangelo (inizio processione)
San Michele Arcangelo (inizio processione)

San Raffaele e San Michele (durante il percorso)
L’ Arcangelo Raffaele con Tobia e il pesce

L’ Arcangelo Raffaele (particolare)
L’ Arcangelo Raffaele (particolare)

Quest’anno alla schiera dei santi abituali, appena passata in rassegna, si è aggiunta una sorpresa: la statua di San Costabile Gentilcore, proveniente da Castellabate, paese di cui è fondatore e protettore. L’occasione è stata offerta dalla celebrazione del quarantennale della sua proclamazione a “compatrono” o “patrono secondario” della diocesi, voluta dal vescovo Giuseppe Casale. È stato anche un modo per restituire la visita fatta da noi vallesi nel 2020, quando, all’inizio del triennio di preparazione all’evento, portammo la statua di San Pantaleone a Castellabate e con essa partecipammo alla processione del 17 febbraio, festa dell’Abate Costabile.

San Costabile (inizio processione)
San Costabile (durante il tragitto)
San Costabile (trono in Cattedrale)

San Costabile
San Costabile (particolare)

In chiusura, il festeggiato. Martire che sancì col sangue la sua fedeltà eterna al Cristo, indicandola alla moltitudine di suoi fedeli nei secoli e, attraverso di loro, a noi vallesi che ci onoriamo di dichiararci suoi figli e di conservare gelosamente una piccolissima quantità di quello stesso sangue effuso per volontà divina il 27 luglio 305. Qui sotto vari momenti del trasporto della sua statua, dalla trionfale uscita ad inizio della processione al rientro in cattedrale ormai a tarda sera, in mezzo alla folla dei fedeli e alla gioia dei portatori, onorati di condurre sulle spalle il peso di quella fedeltà e il carico di una tradizione secolare.

L’uscita (I).
L’uscita (II).

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L’uscita (III).
Durante il tragitto
La reliquia del sangue vivo del Martire

Verso la prima sosta
Il passaggio in piazza

Concludendo, vi offriamo un bonus fotografico. Delle quattro fermate, ne abbiamo immortalate un paio, quella altamente simbolica e alquanto spettacolare in piazza V. Emanuele, sopra i portici, e quella in piazza Santa Caterina, non meno scenografica per le luminarie e la disposizione delle statue, che chiude l’intera processione.

Sosta in piazza V. Emanuele (I)
Sosta in piazza V. Emanuele (II)
Sosta in piazza V. Emanuele (III)
Sosta in piazza. S. Caterina (I)
Sosta in piazza S. Caterina (II)
Sosta in piazza S. Caterina (III)

Author: manlio morra

2 thoughts on “San Pantaleone 2022: la processione reale

  1. Credo che quest’anno, per tutti, la festa sia stata veramente festa.
    Le strade completamente invase da tanti che aspettavano il passaggio del Santo anche solo per rivolgergli
    un saluto, la sosta allo Spio carica di intimità: San Pantaleo fermo e ognuno di noi con lo sguardo dentro il Suo. Il Santo si riappropria della sua Vallo e Vallo rinnova la sua identità spirituale e sociale.

    Un ringraziamento sentito al Comitato che, ogni anno, lavora infaticabile per la nostra comunità.

  2. È stato come rivivere per una seconda volta la processione del 2022!. Grazie per la dedizione e la pazienza utilizzata nello scrivere queste pagine.
    Sarebbe bello poter giocare un po’ con questo ordine dei santi, rivoltarlo, per esempio, utilizzando il criterio del “culto più praticato”. Sicuramente Santa Teresina acquisterebbe qualche posizione in più, mentre il vescovo Biagio, il chierico Luigi, il vescovo Toribio, il martire Espedito potrebbero lottare per i primi posti in processione. San Nicola, invece, non avrei difficoltà ad immaginarlo dietro a San Michele e davanti al Protettore. Allo Spio sono stati bravi negli anni a non far posare la polvere su questo culto così antico, rivestendolo di lustro e di qualche bicchiere di vino il 6 dicembre !.
    La mia “provocazione” però non si ferma a questo. Anzi, è l’occasione per proporre di tornare ad officiare nelle nostre cappelle, pubbliche e private, nei giorni della memoria dei nostri Santi. Vedremo così, forse, un fiorire di nuovi portatori e responsabili che insieme al culto del “proprio” santo fanno crescere anche la propria Fede.
    Che ne dite ?

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