“ Garantire un futuro al nostro passato”: cappelle gentilizie a Vallo

A qualcuno potrà apparire strano, a qualcun altro forse meno, ma anche Vallo ha le sue cappelle gentilizie. La stranezza sta tutta nel fatto che la nostra cittadina ha perlopiù origini borghesi; anzi, il suo sviluppo si è svolto in contrapposizione al centro feudale di Novi, dove risiedevano i nobili. Come è noto, erano le famiglie nobiliari a far costruire nelle loro dimore, o nelle vicinanze, un luogo di culto in cui tenere le celebrazioni eucaristiche, pregare e, soprattutto, far seppellire i propri defunti. Come si spiega allora questa presenza?

In realtà, anche le famiglie borghesi, nel desiderio di imitare la nobiltà, di vivere – come si dice – more nobilium, tendevano a farsi la cappella privata, o anche a riservarsi degli altari di patronato nelle chiese più importanti. Quella cappella indicava, nelle intenzioni della famiglia, il prestigio sociale, la solidità economica, insomma l’aver raggiunto uno status che consentiva di distinguersi. Se volete, era una sorta di sostitutivo del titolo nobiliare, cui comunque si continuava ad aspirare. Alcune di quelle famiglie raggiunsero quello status nel corso del Settecento, quello che forse possiamo chiamare il “secolo d’oro” vallese; altre, più tardi. In alcuni casi, la cappella conservava l’effige del Santo, della Madonna, o comunque del culto ereditato dai propri avi e ritenuto protettore della famiglia o col quale la stessa aveva costruito un particolare rapporto di predilezione. Anche in questo caso, si trattava di una forma di emulazione del ceto nobiliare, di un modo per nobilitarsi dinanzi alla società.

Più di vent’anni fa, la benemerita associazione vallese “Pro Loco Gelbison” organizzò una interessante giornata culturale dedicata, appunto, alle “Cappelle Gentilizie di Vallo”, adoperandosi anche per consentirne la visita. L’allora presidente, il compianto Luigi Schiavo, attivissimo animatore culturale del nostro territorio, così scrisse per presentare la bella iniziativa:

Garantire un futuro al nostro passato. Questo è l’impegno che noi della Pro Loco ci assumiamo per offrire altri momenti di crescita culturale. La riapertura delle cappelle gentilizie, per riscoprire lo spirito cristiano nella religiosità privilegiata, né è la prima testimonianza”.

L’organizzazione di volontari vallese, perché rimanesse memoria dell’evento, produsse anche un agile opuscolo dell’iniziativa, nel quale le belle foto di Toni Palladino mostravano le cappelle interessate da quell’apertura straordinaria.

Oggi, vogliamo riproporvelo, in modo che la memoria di quel lontano giorno del marzo 1999 (al 28 di quel mese risale l’iniziativa in oggetto) non vada perduta e, con essa, quella delle cappelle, dei palazzi, delle famiglie locali che costituiscono la storia di tutti noi.

Opera di Pietro della Bruna nella cappella di S.Antonio
Opera di Pietro della Bruna nella cappella di S.Antonio
Madonna dei Martiri nell'omonima cappella
Madonna dei Martiri nell’omonima cappella

Avrete subito notato che non tutte sono propriamente cappelle gentilizie. A rigore, lo sono quelle di San Raffaele dei Passarelli, di Sant’Agostino dei De Licteris, poi ereditata dai Giuliani, e di San Giuseppe dei De Laurentis, poi dei Pinto.

Le altre sono cappelle erette per tenere vivi dei culti locali o costruite da locali istituzioni socio-religiose.

Nel primo gruppo rientrano le novecentesche cappelline di San Crescenzo (o Crescenzio), costruita su una precedente edicola e, quindi, volta a rinverdire l’antico culto del santo bambino martirizzato ai tempi dell’Impero romano, culto che dà il nome a un rione di Vallo; e di Sant’Antonio, eretta da un discendente della famiglia Oricchio in onore del santo padovano per consentirne il culto, già molto diffuso in zona, soprattutto attraverso forme di devozione popolare come la “tredicina” che vi si recitava fino a qualche decennio fa nei giorni precedenti alla festa del Santo del 13 giugno. In questo gruppo, possiamo far rientrare anche la cappella della Madonna dei Martiri, in origine dedicata al culto, poi scomparso, di Santa Sofia.

Nel secondo gruppo rientra la cappella della Madonna di Lourdes, meglio conosciuta come cappella di San Biagio, che era la chiesa oratorio della cinquecentesca locale Arciconfraternita della SS. Trinità, detta anche dei Pellegrini, poi ristrutturata, negli anni Venti del Novecento, dal can. Alfredo Pinto e inglobata nell’edificio dell’Educandato “P. Donato Pinto”, oggi non più esistente.

Di cappelle, in paese, ce ne sono, e ce n’erano, anche altre. Alcune non esistono più, distrutte dal tempo o dall’avanzare di altre costruzioni. Tra queste, mi viene in mente quella di “S. Antonio della Gualchiera”, cui accenna anche il can. Giovanni Maiese nel suo Vallo Lucano e suoi dintorni (p. 396), detta anche di “S. Antonio alla Varchera”, eretta a metà Seicento circa dalla famiglia Pinto e rimasta in uso fino alla metà dello scorso secolo. Si trovava nell’attuale via Monti e fu demolita negli anni Cinquanta per essere ricostruita all’interno dell’edificio del nuovo asilo dell’Istituto “Pinto”, poi aperto alla fine di quel decennio. L’edificio esiste ancora, ma la chiesetta al suo interno, che richiamava l’antica cappella, non c’è più.

Tra le altre chiese esistenti in paese, le più importanti sono quelle di San Nicola, nell’omonimo rione, e di S. Caterina (o del Crocifisso), cappella inserita nell’edificio dell’ormai scomparso Conservatorio di S. Caterina. Ma queste non sono cappelle gentilizie. Avremo modo di tornarci sopra.

Di tutto questo, e altro ancora, parleremo a chi vorrà seguirci. Il nostro intento sposa in pieno quello già fatto proprio da altri: garantire un futuro al nostro passato.

Manlio Morra

 

Author: manlio morra

9 thoughts on ““ Garantire un futuro al nostro passato”: cappelle gentilizie a Vallo

  1. Grazie per aver sottolineato la differenza e il significato tra le varie cappelle della nostra città. E per aver ricordato costruzioni che ad oggi non esistono più e delle quali non conoscevo la storia.
    Ho letto l’articolo con molto interesse perchè c’è bisogno anche di dare un passato al nostro futuro. Abbiamo bisogno di conoscere il nostro passato con precisione e dettaglio. Anche per questo ti sono grato. Grazie Manlio.

    1. Lieto di averti fornito una tessera per ricostruire meglio ciò che è stato e sollecitato a non farlo morire nell’oblio.

  2. Quando ancora oggi entro nell’esercizio commerciale “Ottica Casaburi” ricordo la presenza di una
    cappella e dunque dell’esistenza di un altare e di un ostensorio che era appena visibile dalle fessure
    della grossa porta in legno. Guardo quel luogo sempre con un certo rispetto religioso .
    Visibile comunque l’iscrizione a fronte strada.

    Altra cappella non più esistente al palazzo Saraceno- Oricchio il cui altare fu smontato completamente
    negli anni novanta del secolo scorso .

    1. Hai cominciato a completare quell’elenco della memoria religiosa locale che sarebbe interessante portare alla luce nella maniera più esauriente possibile. Scopriremmo aspetti della vita religiosa, della mentalità borghese e della storia delle famiglie vallesi di non poco rilievo. Mi aspetto, da te e da altri frequentatori del sito, altri ricordi e suggestioni di questo genere.

  3. Il gradito e atteso ritorno di “Fatti di storia”, riporta in luce vicende e luoghi, personaggi e aneddoti altrimenti dimenticati e rimossi colmando un vuoto non trascurabile. Forse l’ubicazione stradale delle cappelle per i non vallesi sarebbe utile.

    1. Grazie del gentile commento. Quanto all’ubicazione, pensavamo di farla indovinare ai lettori. Scherzi a parte, sì, hai ragione, sarebbe utile. Dovremo provvedere.

        1. Se intendi palazzo “Perrelli” di Vallo, a quanto ne so il fabbricato di tale famiglia di Spio fu acquistato da mons. Francesco Giampaolo, secondo vescovo della diocesi di Capaccio-Vallo (1855-1859). L’acquisto avvenne alla fine del suo episcopato (1858-59) con la finalità di utilizzarlo come episcopio. Insieme ad altri fabbricati e a un giardino contigui, fu adibito a quello scopo. In pratica, il palazzo è inglobato in quello che ancora oggi è l’episcopio del vescovo di Vallo. La famiglia era molto più antica, risalendo almeno agli inizi del Settecento, ed apparteneva al notabilato locale. (Fonti G. Maiese e L. Rossi)

  4. Grazie Manlio per la passione che metti e che trasmetti nel raccontare la “nostra storia ” .
    Soltanto conoscendola possiamo immergerci nel nostro passato e possiamo sentire che ci appartiene .Noi siamo comuque il prodotto di ciò che è stato ,le tradizioni ,la nostra cultura locale ci ha accompagnano e delineano inevitabilmente le nostre scelte .Noi siamo il futuro dei nostri avi e i nostri figli saranno il nostro futuro .Dunque passato e
    futuro non possono prescindere l’uno dall’altro .
    Grazie ancora ,seguirò sempre con piacere e interesse i tuoi articoli per arricchirmi e volerne sapere ancora di più!

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