San Pantaleone 2021: una processione virtuale

Quest’anno, a Vallo, si è fatto di tutto per tornare alla normalità e poter celebrare nella pienezza della tradizione e del sentimento popolare la festa di San Pantaleone Medico e Martire. Per questo non mancheranno le luci, i fuochi, la musica, insomma tutto quell’apparato esterno che fa dei giorni di fine luglio anche una festa civile. Ogni cosa sarà adeguata alle circostanze che, per il secondo anno consecutivo, ci obbligano ad essere prudenti. È vero che noi cristiani aspiriamo al Cielo, ma viviamo sulla Terra, e su questa Terra, oggi, la prudenza è più che mai una virtù da consigliare e da frequentare personalmente.

Ciò che mancherà invece, proprio in nome di questa virtù, è la processione. S’intende quella solenne, lunga, magnifica con tutte le statue dei Santi, le gerarchie, il popolo. In altre circostanze, abbiamo scritto che questo evento costituisce il nucleo di fede e di devozione della festa, il luogo e il momento in cui i culti locali – quelli ancora vivi e quelli da tempo scomparsi – si ripresentano alla sensibilità di ogni vallese, ricordandogli ciò che è la sua fede, ciò che è stata quella dei suoi padri, ciò che potrà ancora essere quella dei suoi figli.

La nostra processione è un caleidoscopio di esperienze di santità, un vero e proprio calendario cristiano che tutti sfogliamo annualmente il 27 luglio, un evento liturgico che simboleggia il cammino compiuto dai “Santi di Dio” per evangelizzare ancora il cuore di ognuno e il continuo peregrinare della stessa comunità sulle strade difficili del quotidiano. Insomma, un invito ad essere santi, cioè un richiamo per ciascuno di noi alla sua vocazione di seguace di Cristo.

In mancanza di quella vera, abbiamo pensato di offrirvi una processione virtuale. Certo, in termini di esperienza, spiritualità, valore liturgico, non è la stessa cosa, né vuole esserlo. Ma è qualcosa, ci aiuta a ricordare, a esercitare un’altra virtù che oggi non gode buona salute: la pazienza. Tutti speriamo (ecco un’altra virtù che incrocia il nostro discorso: la speranza) di ritrovarci l’anno prossimo dentro e dietro alla nostra ricca e solenne processione. Vorrà dire che il virus sarà stato sconfitto, l’epidemia apparterrà al passato e un’esperienza drammatica e, di sicuro, indimenticabile avrà rafforzato la nostra fede.

Ecco le statue che avremmo visto in processione, più o meno nell’ordine di successione che in genere le vede attraversare le nostre strade. Ce ne sono di antiche, di grande valore artistico e bellezza. Alcune esprimono culti locali, altri di più ampia diffusione, ma tutti rimandano alla ricchezza del nostro passato.

La dolce statua di s. Teresa di Gesù Bambino (o di Lisieux), di solito, apre il corteo degli eroi della fede. Il suo culto è già presente agli inizi del Novecento e, da noi, si diffonde soprattutto negli anni Venti, dopo la sua canonizzazione durante il giubileo del ’25, e grazie alla devozione di sacerdoti quali mons. Nicola Cerbone:

Seguono il giovane santo della famiglia Gonzaga, Luigi, e san Vincenzo Ferrer (o Ferreri), un domenicano, rappresentato nella sua classica raffigurazione di “angelo dell’Apocalisse”, per i suoi scritti escatologici al tempo del Grande Scisma d’Occidente (prima metà del XV secolo). Di quest’ultimo, un tempo, si celebrava in paese una vera e propria festa agli inizi di aprile; festa della quale poi si è persa la tradizione:

San Vincenzo Ferrer

S.Luigi Gonzaga

Tra gli abati, troviamo le figure di sant’Aniello e sant’Antonio Abate. Culti molto sentiti un tempo, che segnavano la stagione invernale delle famiglie contadine. Il secondo, in particolare, è il fondatore del monachesimo ascetico, con la sua lunghissima vita quasi tutta trascorsa nel deserto:

Sant’Aniello

Tra i sacerdoti e i fondatori di ordini religiosi, abbiamo le grandi figure di s. Domenico di Guzman, di san Filippo Neri, s. Gaetano da Thiene e di s. Francesco Saverio. Quella del primo è tra le statue più antiche e di pregevole fattura, ci ricorda la lunga presenza – a partire dal XVI secolo – dei Domenicani in paese nel convento annesso alla chiesa di S. Maria delle Grazie. San Filippo, invece, era in passato uno dei patroni di Vallo, mentre la grande e solida statua di san Francesco Saverio (Francisco de Jassu y Xavier), missionario gesuita e tra i primi compagni di S. Ignazio di Loyola, anch’essa antica, ci ricorda – con quel suo crocifisso in evidenza – l’importanza della missione e la presenza per vari decenni (dagli anni Trenta agli anni Sessanta del Novecento) a Massa dei padri saveriani dell’Istituto delle missioni estere.

Non può mancare uno dei santi più rinomati della cristianità, annoverato tra i dottori della Chiesa. Il francescano Antonio da Padova, il cui culto locale è testimoniato dalla festa di giugno ma anche dalle diverse cappelle a lui dedicate un tempo esistenti in paese. È, inoltre, rappresentato anche nel magnifico polittico della cappella Pinto nella chiesa di S. Maria delle Grazie.

S.Francesco Saverio

Numerosi sono poi i vescovi. Da s. Cataldo, monaco irlandese e vescovo di Taranto, il cui culto fu introdotto in diocesi nel XVII secolo dagli Zattara, marchesi di Novi, e ancora oggi presente a Pattano, a s. Nicola da Mira, la cui presenza rimanda all’antico culto nello storico rione vallese di Spio, che ancora lo commemora il 6 dicembre con una bella e sentita festa che si sviluppa attorno alla sua cappella.

Da s. Alfonso Maria de’ Liguori, anch’egli dottore della Chiesa, il cui culto fu portato dai Redentoristi da lui fondati, e altrimenti chiamati “Liguorini”, che nella prima metà dell’Ottocento occuparono il convento lasciato agli inizi del secolo dai Domenicani, a san Biagio, vescovo martire, venerato da tempo immemorabile nell’antica chiesa oratorio della locale arciconfraternita della SS. Trinità o dei Pellegrini. Sodalizio di origini cinquecentesche estintosi nei primi decenni del Novecento:

Ancora tra i vescovi, si ammirano la grande figura di sant’Agostino, dottore della Chiesa, con una piccola statua settecentesca di scuola napoletana conservata nella cappella a lui dedicata, oggi in possesso della famiglia Giuliani, e quella di san Toribio de Mogrovejo, avo dell’omonima famiglia locale, che fu tra i primi vescovi dell’odierna città di Lima:

Tra i martiri c’è anche un altro vescovo, s. Emidio, e due culti molto antichi, s. Crescenzio e s. Espedito, entrambi risalenti all’antichità. Di questi, forse è il secondo ad avere un particolare significato per la storia locale, vista la cappella presente nel rione vallese che porta il suo nome; cappella costruita su una precedente edicola dedicata al santo:

In coda alla processione troviamo s. Giuseppe, lo sposo di Maria, il patriarca della Chiesa, una figura tanto silenziosa nell’economia dei racconti evangelici quanto rilevante per il legame che permette di stabilire tra Gesù e Davide. Il mezzo busto custodito in Cattedrale è davvero di grande bellezza:

In una categoria del tutto particolare collochiamo i due arcangeli Raffaele e Michele, che chiudono il corteo quasi a far da guardia ai loro colleghi umani e ad annunciare la presenza del festeggiato:

Naturalmente, la bella statua di s. Pantaleone medico e martire chiude la processione e la nostra rassegna. Per noi vallesi è un’icona suggestiva, carica di memorie personali, familiari e comunitarie, fonte di emozioni, capace di commuovere fino alle lacrime e di suscitare un’indescrivibile gioia. Per tutti, tramite visibile verso la fede in quel Gesù per il quale il martire Pantaleone offrì il suo giovane sangue.

In ultimo, vi offriamo una chicca. Una foto di un’antica processione durante il momento particolare della sosta presso il rione Spio. Non siamo riusciti a datarla, speriamo ci riusciate voi in base ai tanti indizi che vi si possono scorgere:

Author: manlio morra

1 thought on “San Pantaleone 2021: una processione virtuale

  1. Trovo una coincidenza profonda tra la vita del nostro Santo e quella del Dott. Moscati.
    A distanza di più di un millennio come Pantaleone si spogliò dei suoi beni così il medico Moscati
    preferì disfarsi di ogni cosa materiale; Pantaleone rinunciò al suo posto di medico di corte, Moscati
    ad un prestigioso posto all’Università.
    Moscati conobbe Vallo nei primi anni venti e sicuramente pregò anche nel Cappellone.

    Nonostante le restrizioni, la festa del 27 luglio è stata piena, solenne e mai referenziale.
    Nei passi lenti, cadenzati dei portatori e dei componenti del Comitato, gli stessi passi a me cari
    sempre presenti, vivi e significativi di chi uscendo di casa correva in chiesa per essere accanto al Santo con fede sicura e ferma.
    Carissimo Manlio un grazie di cuore.

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