Madonna delle Grazie 2022: un “quasi Decennio” a Vallo

Se l’intento era quello di celebrare degnamente un cinquecentenario, non si può negare che il risultato sia stato all’altezza di intenzione e aspettative. D’altronde, questo è un anno di ripartenza per tutti, anche per devozioni, feste e celebrazioni, da tempo limitate o del tutto soppresse a causa della nota emergenza sanitaria.

Ci riferiamo – com’è intuibile – ai festeggiamenti per il V Centenario della Statua della Madonna delle Grazie di Vallo della Lucania che hanno chiuso l’Anno mariano parrocchiale indetto nel ’21 dal vescovo diocesano. A voler sottilizzare, i conti non tornano: la statua lignea della Vergine risale al 1521, dunque ad oggi gli anni sono 501. Saremmo in ritardo di un anno per fare cifra tonda, se la pandemia non ci avesse costretti – parroco e organizzatori per primi – a considerare pari un anniversario dispari. Ma va bene così, in fondo il tempo, soprattutto quello della fede, è relativo e i numeri in questo campo sono simboli che usiamo per dire che è sempre il tempo per celebrare i misteri divini e affidarsi alla protezione della Madre Celeste.

Dunque, tornando al nostro discorso – e promettendo di non deviare più da esso – l’eccezionalità dell’evento c’era tutta per uscire dalla “solita” festa annuale e organizzare qualcosa che richiamasse, processione esclusa, le celebrazioni decennali. Un po’ per gusto del paradosso, un po’ per essere sanamente e bonariamente critici, a me piace scrivere di “quasi Decennio”, ma se a voi venisse in mente di parlare di “semi” o “mini Decennio” andrebbe bene lo stesso per salvare il piacere goliardico di noi vallesi, che amiamo soprattutto le cose che critichiamo e osiamo criticarle per farle davvero nostre.

Già entrando nella Chiesa-Santuario a fine maggio, al termine del mese mariano e all’inizio dei festeggiamenti, ci si poteva render conto che il parroco e gli organizzatori avevano fatto le cose in grande (d’altronde, tutto era stato già pensato e, in parte, preparato l’anno scorso): drappi color oro e bianco champagne (sì, “champagne”!) dominavano dappertutto, partendo dalla parete di fondo del presbiterio dove incorniciavano la statua della Vergine con un artistico gioco che faceva sembrare le ondulazioni del tessuto come dei raggi che si dipartivano dalla stessa immagine sacra. L’addobbo degli interni, che proseguiva lungo la navata con altri lunghi drappeggi a tono, era studiato per attrarre lo sguardo e l’attenzione del visitatore, soprattutto se in entrata dalla porta principale, su quella nicchia eccezionalmente aperta per l’occasione e sul suo prezioso contenuto di fede, d’arte, di storia, di tradizione e di cultura alta e meno alta.

Ai due lati della navata centrale, appena fuori dal presbiterio e a formare un trittico con l’effige della Madonna, erano collocate due statue di santi, anch’esse di antica manifattura, che poggiavano su due alti ripiani appositamente realizzati e rivestiti con drappi dorati. Di esse parleremo più sotto, qui ci interessa accennare agli addobbi nel loro complesso. Più che continuare a descriverli, però, consapevoli che la parola non tiene dietro all’immagine, è meglio mostrarli:

Chiesa-Santuario-Madonna-delle-Grazie-esterno
Porta-principale-della-chiesa-di-S.-Maria-delle-Grazie-addobbo-per-le-celebrazione-2022
Chiesa-S.-Maria-delle-Grazie-interno-addobbo-celebrazioni-2022
Chiesa-S.-Maria-delle-Grazie-interno-addobbo-celebrazioni-2022
Interno-della-chiesa-durante-una-delle-celebrazioni-del-2022

È la ricchezza del programma messo su per le celebrazioni che consente, però, di parlare quasi di un assaggio di Decennio. Dall’affidamento della città alla Madonna delle Grazie compiuto dal parroco e dal neosindaco il 31 maggio, in apertura dell’evento, ad alcuni incontri di grande interesse culturale e spessore spirituale svoltisi nei giorni seguenti, fino alla tradizionale Novena con ospiti sacerdoti invitati a parlare di alcuni esempi di santità locale. E poi, naturalmente le luci, i suoni, i colori, i fuochi, e tutto ciò che rende gioiosa la festa. Aspetti, questi ultimi, su cui ci consentirete di sorvolare, essendo comuni ad ogni manifestazione religiosa.

Diciamo subito che l’appuntamento più interessante dal punto di vista artistico-culturale è stato quello messo in calendario per il 22 giugno, quando il professore Riccardo Naldi, de “L’Orientale” di Napoli, ha animato il convegno di studi sulla statua della Madonna delle Grazie. Atteso da tutti, l’incontro ha riempito la chiesa – sempre nel rispetto delle norme anti-Covid, diventate ormai, forse a torto, solo delle regole prudenziali – e ha destato l’interesse dei presenti, per la novità dell’approccio e del tema.

Introdotta da un prudente ma soddisfatto parroco, la relazione di Naldi, attraverso foto dettagliate della statua e il confronto iconografico con altri manufatti dello stesso artista, ha esposto la sua tesi principale: la statua lignea della Madonna delle Grazie di Vallo è un’opera di primo piano dello scultore cinquecentesco Giovanni da Nola. Non solo, anche le due statue esposte di cui si è detto sono – secondo lo studioso – dello scultore nolano o comunque della sua bottega e rappresenterebbero S. Sofia e S. Giovanni Evangelista.

Chiesa-S.-Maria-delle-Grazie.-Statua-della-Madonna-nella-sua-nicchia
S.-Giovanni-Evangelista.-Giovanni-da-Nola-1521.
Santa-Sofia.-Giovanni-da-Nola-1521

Il prof sposa l’ipotesi – già fatta propria dal parroco nel 2018 – che le tre opere siano le uniche superstiti del polittico scultoreo collocato sopra il Tabernacolo e l’Altare maggiore dello stesso santuario di cui parla il can. Giovanni Maiese nel suo libretto “La chiesa della Madonna delle Grazie di Vallo della Lucania”, pubblicato nel 1919, citando la relazione del vicario Bartolomeo Piccinini che visitò la chiesa nel 1631. Quest’ultimo, descrivendo quel polittico, scrive che era composto dalla statua della “Divae Virginis Mariae, puerum Jesum in brachio sustinentis” (cioè, l’attuale immagine della Madonna), ai cui lati erano poste “SS. Apostolorum Petri et Pauli ligneae deauratae” (cioè, le statue di legno dorato dei santi Pietro e Paolo, perdute), mentre sopra erano collocate altre tre statue a completare l’opera, quelle della Visitazione della Vergine, di San Giovanni Evangelista e di Santa Sofia (“visitationis Divae Virginis, S. Joannis Evangelistae et S. Sophiae”). La prima di quest’ultimo terzetto è anch’essa perduta, le ultime due sarebbero – appunto – le statue esposte in quest’occasione quasi a riformare, in parte e per la prima volta, quella perduta composizione scultorea multipla che doveva essere – ma possiamo solo immaginarlo – un’opera dal fascino straordinario.

L’ipotesi è assai credibile, anche se non abbiamo altre descrizioni o testimonianze oltre a questa seicentesca, né sappiamo quando venne realizzato il polittico e quando venne dismessa l’intera struttura e le sue singole statue, né se il rinvenimento delle due superstiti sia in qualche modo riconducibile a quella dismissione. Seguendo il ragionamento del prof. Naldi, le caratteristiche iconografiche e la pregevolezza della manifattura del terzetto ligneo – soprattutto, dell’immagine della Madonna, quella meglio conservata perché mai sottratta al culto – richiamano la mano dell’artista nolano, considerato a inizi Cinquecento uno dei più grandi scultori d’Europa. Questa è – a suo dire – la traccia più significativa che unisce il terzetto e che consente di collegarlo, verosimilmente, alla descrizione del vicario Piccinini.

Prof.-Riccardo-Naldi-durante-la-relazione-del-22-giugno-2022.
Il-prof.-Naldi-si-intrattiene-con-alcuni-dei-presenti
Momento-del-convegno-22-giugno-2022

Giovanni Marigliano da Nola visse tra il 1488 e il 1558, e fu molto attivo proprio nel Salernitano, sia nel Vallo di Diano che nel Cilento, come evidenziano il “Compianto sul Cristo morto” del 1510-14, nella chiesa della SS. Pietà di Teggiano, opera commissionata dai Sanseverino e che alla scena centrale unisce le statue di S. Giovanni Evangelista e di S. Maria Maddalena, e la Madonna delle Grazie del 1528-30 circa, nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni Evangelista di Sassano. Le due opere citate sono state mostrate, insieme ad altre, da Naldi, che, confrontandole con quelle vallesi, ne ha ricavato argomenti sufficienti per giungere alla sua attribuzione. Infatti, il modo di costruire la figura umana, la finezza nel disegnare e realizzare il drappeggio, la doratura e la decorazione della stoffa, l’uso dei colori, le facce semplici ma delineate con cura con le fossette sul mento e i riccioli sulla fronte del bambino, il riproporre quel panno color crema che copre la testa e incornicia il volto di Maria, e diverse altre caratteristiche sono la firma di Giovanni e la prova che le opere escono da una grande bottega attenta anche ai più minuti aspetti decorativi, oltre che capace di una tecnica fuori dal comune.

A questi argomenti, va aggiunta una prova decisiva: la data. Se la statua della Madonna non è firmata (e neanche le altre due), reca invece sulla sua base l’indicazione dell’anno presumibilmente di realizzazione, il 1521. Tale data è pienamente compatibile col periodo in cui il Nolano era in attività, mentre non lo era l’altra, quel 1571 che in passato si riteneva fosse l’anno cui far risalire il manufatto ligneo. L’equivoco era nato per un problema di interpretazione del segno grafico col quale si scriveva il due nel XVI secolo. Questa datazione, secondo Naldi, che è grosso modo estensibile anche alle altre due statue, visto che tutte sarebbero state realizzate per il polittico, permette di risistemare un po’ tutta l’attività di Giovanni da Nola per quanto riguarda la sua produzione in legno.

Statua-Madonna-delle-Grazie.-Particolare
Statua-Madonna-delle-Grazie.-Particolare
Statua-Madonna-delle-Grazie.-Particolare-
Statua-Madonna-delle-Grazie.-Liscrizione-alla-base

La chiarezza espositiva e l’amabilità caratteriale del relatore hanno conferito all’incontro anche un aspetto di gradevolezza che non stona mai. Naldi ci ha chiarito le idee e convinti che quelle statue, soprattutto quella della Madonna, siano opere d’arte di assoluto valore, ma un appunto vogliamo farlo. Non tutto ciò che abbiamo appreso in quest’occasione costituiva una novità. Qualcosa sul tema già la conoscevamo, anzi più di qualcosa. Il nome di Giovanni da Nola era già circolato, mi sembra, al momento dell’ultimo restauro dell’immagine della Vergine, eseguito con grande cura e maestria da Rosa Anzani nel 2009, quando era stata riportata alla luce l’originaria iscrizione della data, correttamente interpretata come 1521 e non più, come era accaduto in passato per svista o incompetenza, come 1571 o 1541. La stessa Anzani, attiva a lungo su molte opere locali, aveva restaurato, credo qualche anno prima, anche le altre due statue, ritrovate in uno stato di conservazione molto precario. In entrambi i casi, la restauratrice e gli esperti della Soprintendenza erano giunti, circa la datazione, l’attribuzione e i culti rappresentati, mi sembra, alle stesse conclusioni. Non sarei del tutto sicuro sulle due statue, riguardo alle quali in paese circolavano voci confuse più legate a una presunta tradizione che all’effettiva conoscenza iconografica, ma forse c’è qualche pubblicazione a carattere scientifico che chiarisce diversi punti e probabilmente all’epoca dovette esserci anche qualche incontro pubblico volto a presentare il lavoro di restauro. Tutto questo, non per fare confusione a mia volta, ma solo per dire – senza polemica alcuna – che accennare a questi fatti, dire che il lavoro scientifico su quelle statue non era all’anno zero sarebbe stato quanto mai opportuno, magari interpellando quegli esperti e, soprattutto, chi, restaurando, ha visto da vicino le opere, ha toccato con le sue mani, è intervenuto con le sue conoscenze e competenze. Speriamo di rifarci in futuro con un confronto aperto tra esperti d’arte e restauratori. Si potrebbe pensare a qualcosa del genere quando Naldi presenterà, come promesso, il testo scritto della sua relazione del 22 giugno.

Statua-di-S.-Sofia-durante-il-restauro
-Statua-di-S.-Giovanni-Evangelista-durante-il-restauro
-Statua-di-S.-Giovanni-Evangelista-durante-il-restauro

Quanto agli aspetti religioso-cultuali, anche la Novena della festa di quest’anno ci è sembrata particolarmente curata. Il parroco ha impostato quel solenne atto di culto sulla riscoperta – ma potremmo dire vera e propria scoperta – di alcune figure di “santi” che hanno frequentato il nostro paese. Don Nicola Grosso, proveniente dalla diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, ha parlato del servo di Dio Padre Giuseppe Maria Leone, della sua devozione mariana e del legame con Vallo, paese dove ha operato a metà circa dell’Ottocento durante il periodo in cui il convento annesso al santuario vallese ospitava una comunità di Redentoristi, l’Ordine fondato da Sant’Alfonso de’ Liguori e, per questo, detto anche dei “liguorini”. Apparteneva invece ai Vocazionisti don Claudio De Caro, provinciale di quest’ordine fondato da don Giustino Russolillo, che ha portato la sua riflessione sul fondatore canonizzato lo scorso maggio. Anche San Giustino è legato a Vallo e alla sua diocesi, perché è qui che ebbe grande diffusione la sua “Società delle Divine Vocazioni”, favorita dall’allora vescovo diocesano mons. Francesco Cammarota, molto attento al difficile problema delle vocazioni che cominciavano a scarseggiare in ambito locale già a quel tempo (anni Venti e Trenta del secolo scorso). A concludere questi incontri è stato il gesuita P. Jean Paul Hernàndez, docente dell’Università Gregoriana, che si è diffuso sul tema, quantomai appropriato, dell’iconografia della Madonna delle Grazie, quasi a fare il paio, ma da un punto di visto più teologico che artistico, con l’intervento del prof. Naldi.

Padre Leone e don Giustino sono stati presentati come modelli di santità soprattutto per la loro filiale devozione alla Vergine e, in particolare, a quella sua peculiare rappresentazione cinquecentesca che è la Madonna delle Grazie di Giovanni da Nola custodita a Vallo. È forse il più chiaro esempio del legame sviluppatosi per secoli tra arte e fede, tra il tentativo di rappresentare visivamente l’invisibile e la devozione del fedele. E lo scultore nolano ne era ben cosciente, se a distanza di mezzo millennio la sua opera ci parla ancora.

A proposito di santità, l’ultimo degli incontri in programma, quello con la signora Antonia Salzano, è stato assai coinvolgente e, direi, assolutamente in tema. La signora è la madre del beato Carlo Acutis, il “santo” dei giovani, dell’eucaristia, dell’impegno sociale e catechistico, molto amato da papa Bergoglio, che ama citarlo nelle più diverse occasioni. Con molta efficacia, con linguaggio spontaneo e ricco di esempi di vita vissuta, mamma Antonia ha presentato la sera del 4 luglio l’esperienza del figlio, tragicamente morto di leucemia nel 2006 a soli quindici anni. A molti ha dato l’impressione che, parlando di Carlo, del suo amore per Gesù, per l’Eucarestia, per la Chiesa, di quella sua “santità” precoce e quasi profetica, Antonia parlasse di se stessa, della sua conversione attraverso l’esempio del figlio. Infatti, il beato Carlo nasce e cresce in una famiglia poco credente e poco praticante, ma già a 7 anni, nel giorno della Prima comunione scrive che il suo unico programma di vita è quello di restare sempre unito a Gesù, per poi tener fede a questo proposito coltivando l’amore per l’Adorazione eucaristica, per il Rosario recitato quotidianamente e per la Messa anch’essa quotidiana.

Momento-dellincontro-con-Antonia-Salzano

La signora Salzano, con animo missionario, ha raccontato del figlio che diceva, con frasi diventate ormai famose, che l’Eucarestia è l’autostrada verso il Paradiso, che tutti nasciamo originali ma molti diventano e muoiono fotocopie, che al sole ci abbronziamo, ma davanti all’Eucarestia ci facciamo santi; e aggiungendo a queste frasi, quasi slogan per la santità, esempi della dedizione al prossimo del giovanissimo Carlo, il suo accettare la sofferenza ed abbracciare la morte nella certezza di aver speso la sua breve vita per la santificazione di sé e degli altri. Insomma, l’ascoltare quella madre è parsa a tutti un’esperienza significativa sulla strada della propria vita di fede. Il beato Acutis, che si avvia presumibilmente in tempi brevi verso la canonizzazione, è davvero un esempio da imitare per i credenti e su cui riflettere per gli scettici.

L’incontro del 4 luglio ha chiuso la parte più cospicua delle celebrazioni cinquecentenarie, ma la conclusione vera e propria si avrà solo il prossimo 15 agosto, quando, in occasione della solennità dell’Assunzione, si terrà la cerimonia di chiusura della nicchia della Madonna. Per la riapertura dovremo attendere il prossimo Decennio, salvo sorprese per l’Anno santo 2025.

Author: manlio morra

4 thoughts on “Madonna delle Grazie 2022: un “quasi Decennio” a Vallo

  1. Andrebbe anche ricordato come nella richiesta del Vescovo Zuccari del 1783 rivolta al Papa al fine della incoronazione della statua, questi indicava la statua mariana come veneratain Vallo fin dal momento della sua realizzazione nel 1507.
    Perché Zuccari riporta quell’anno? Potrebbe essere stato un suo errore?
    Potrebbe forse la data ai piedi della statua rappresentare altro rispetto all’anno di realizzazione?

  2. Si dice che “l’emozione” non ha voce invece per me è vero il contrario. Tante
    emozioni ho provato nel “vedere” la bellezza del luogo emergere, ancor di più per i bellissimi addobbi; nel “sentire” tante voci raccontare la storia sacra della statua della nostra amata Madonna delle Grazie e di una fede forte, semplicemente unica che ha attraversato secoli per arrivare fino a noi. Grazie a tutti coloro che ci hanno permesso di vivere questo mini decennio, grazie a don Aniello, in primis, al Comitato, a don Giuseppe, alla sig.ra Pina e a Gennaro. Grazie anche a te, Manlio per quanto hai scritto. Grazie per le bellissime emozioni provate.

  3. Non avevo ancora letto l’articolo. Mi complimento per la puntuale e dettagliata cronaca delle celebrazioni.
    L’incontro con il prof Naldi è stato, secondo me, il perno centrale delle celebrazioni esteriori. Le riflessioni durante l’Eucaristia e l’incontro con la madre del Beato Carlo Acutis, invece, sono state il centro di ciò che non dovrebbe mai mancare in una comunità che venera la Madonna delle Grazie: vivere l’Eucaristia che è Grazia quotidiana!.
    Mi voglio inoltre complimentare per aver citato la restauratrice Anzani che già qualche anno fa aveva correttamente intuito l’anno di realizzazione e le teorie sul polittico. Purtroppo non tutti nel nostro paese godono della stessa onestà intellettuale. Leggevo un articolo che titolava “SGARBI HA DATATO LA STATUA DELLA MADONNA DELLE G. AL 1521” (o qualcosa del genere). Per fortuna non c’era bisogno di Sgarbi proprio perché, come lei scrive, qualcosa già la sapevamo.

  4. Grazie a tutti i curatori di questo evento e grazie Manlio per il modo di raccontarci  questi “nostri fatti ” regalandoci sempre una gradevole e interessante lettura e l’opportunità di eprimerci  a loro riguardo. Questo il mio pensiero sull’evento :
    Addobbo della chiesa da mozzare il fiato ,convegno sulla statua della Madonna delle grazie tenuto in maniera  egregia da un esperto di grande  fama , novena con partecipazione di tre sacerdoti che hanno presentato figure religiose di santi e beati che hanno solcato i nostri  luoghi  testimoniando la loro  grande fede per la  nostra mamma celeste .e infine la presenza alla fine di una  s. Messa serale, della mamma di un ragazzo dichiarato beato non molto dopo la sua morte, il cui primo miracolo è  stato quello di condurre i suoi cari alla fede ,quella vera raccontato da lei stessa con l’invito a tutti i presenti di vivere come Gesù desidera .Tutto ciò mi ha arricchito culturalmente e ha animato molto la mia  fede.
    Ho volutamente omesso i nomi che comuque sono noti alle persone che hanno partecipato come me a questo evento , perchè il nome a noi più  caro :”Madonna delle grazie “sia altisonante e portante nella nostra vita ,tutto ciò che per lei ognuno fa è  gioia  nei cieli !!!!.

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