Miracolo a Vallo: il Crocifisso di Santa Caterina

Nel nostro girovagare tra storia e tradizione, arte e artisti, fatti e personaggi più o meno dimenticati e meritevoli di memoria, vi riproponiamo – con alcune modifiche e integrazioni – un articolo di qualche tempo fa pubblicato sulla precedente versione di questo sito, poi persasi nei meandri più insondabili della rete. Forse qualcuno lo ricorderà: riguardava la chiesa di Santa Caterina di Vallo. Il tema non è invecchiato, anzi. Vi parlavamo non solo, e non tanto, di religione, fede, liturgia, ma soprattutto di arte, presente con alcune opere di grande rilievo in quella cappella.

Ma come, ancora una chiesa!, obietterà qualche lettore, osservando che il sito sembra stia compiendo una sorta di proverbiale “giro delle sette chiese”. Rispondiamo che siamo alla ricerca della memoria del passato, della storia dei nostri avi, della loro visione del mondo, del loro gusto artistico, e che indugiamo là dove ne troviamo traccia, fuori o dentro gli edifici religiosi.

Ebbene, il luogo che oggi vi invitiamo a visitare insieme a noi di quelle tracce ne contiene in abbondanza, e tutte assai significative.

Il 2 ottobre del 1949 viene riaperta al pubblico la chiesa di S. Caterina d’Alessandria sita nell’antico omonimo monastero di Vallo (del quale avremo occasione di parlarvi).

La cerimonia della nuova benedizione del luogo di culto è compiuta dal vescovo diocesano mons. Domenico Savarese. La cappella era chiusa da circa sei anni, fin da quel 1943 in cui, in seguito al bombardamento di Vallo, le sue già cattive condizioni strutturali si erano ulteriormente aggravate con l’apertura di crepe e lesioni nel soffitto e lungo il muro perimetrale. Il canonico Alfredo Pinto, presidente dell’ente proprietario dell’edificio, aveva provveduto ai lavori di ristrutturazione e restauro con fondi propri, con una sottoscrizione pubblica e con finanziamenti statali.

Il vescovo e le autorità convenute possono ammirare gli interni della chiesa, oggetto di sostanziali interventi. L’edificio che la ospita, invece, è ancora in ristrutturazione, con lavori che saranno ultimati solo a metà del successivo decennio. L’ubicazione della chiesa in quell’edificio ne spiega origini e funzioni. Essa, infatti, nasce (nel Seicento) come cappella del Conservatorio di S. Caterina e tale rimane nei due secoli successivi, quelli in cui è in attività la struttura religiosa che ospita le suore coriste e converse provenienti dalle locali famiglie borghesi.

Tornando agli interni, i lavori compiuti negli anni Quaranta sono numerosi e hanno riguardato più parti dell’antico luogo di culto. Innanzitutto, il soffitto, completamente rifatto. Quello precedente era a volta, il nuovo è piano, in modo da poter realizzare sopra la chiesa dei nuovi ambienti corrispondenti al terzo piano dell’edificio. La demolizione dell’antico soffitto, che in alcune parti era divenuto ormai pericolante, è l’intervento strutturale più importante. Purtroppo, non abbiamo un riscontro documentario, fotografico o di altro genere, che visualizzi quella volta (perciò facciamo appello a chi ci legge: siamo già in età fotografica, un’immagine potrebbe esserci, forse giace dimenticata in chissà quale cassetto. Apriteli, cercatela, fornitecela!).

Gli altri interventi sono: la diversa sistemazione data all’altare maggiore, dove viene collocata la statua del Crocifisso in un’apposita nicchia di marmo, mentre il quadro di S. Caterina, che in precedenza occupava quel posto, è fissato sul soffitto; l’eliminazione degli altari laterali sotto ai quadri, molti dei quali da tempo in cattive condizioni; la sistemazione della sacrestia con la pavimentazione e l’apertura di una porta verso l’esterno. La chiesa, infine, viene dotata anche di un moderno impianto elettrico.

Vallo. Chiesa di s. Caterina o del Crocifisso. Interno
Chiesa di S.Caterina. Interno. Parete sinistra
Chiesa S.Caterina. Interno.Parete destra
Vallo. Chiesa di s. Caterina. Altare maggiore (Sistemazione del 1949)

Questi ed altri piccoli interventi danno nuova forma e funzionalità a quell’antica cappella così legata alla tradizione cultuale vallese anche per le opere artistiche presenti fin dalla seconda metà del XVII secolo, quando il vescovo di Capaccio De Pace le aveva acquistate per donarle al costruendo monastero.

Tra queste, vi sono diversi quadri di pittori napoletani o provenienti dalle loro scuole sei-settecentesche. In evidenza una “Deposizione” di Gian Bernardo Azzolino (o scuola) che, per tonalità ed esecuzione, richiama il Caravaggio e sembra esserne un chiaro omaggio. Si tratta dell’opera pittorica di maggior interesse che si può ammirare nel luogo. Nel corso dell’Ottocento, lavora nella cappella anche il pittore vallese Salvatore De Mattia, realizzando due quadri posti in alto ai lati dell’altare centrale.

Deposizione
Deposizione. Particolare
Deposizione. Particolare
Santo Presepe

S.Orsola
Natività di Maria
Santa Barbara
Santi Nicola, al centro, Antonio da Padova, a sinistra, Antonio Abate, a destra
Salvatore De Mattia, Martirio di S.Caterina
Salvatore De Mattia, Assunzione di Maria.
Al centro, S.Caterina; a destra, S.Teresa D’Avila; a sinistra, S.Giovanni della Croce.
S.Caterina. Particolare
S.Caterina. Particolare

Il pezzo più pregiato, sia sul piano artistico che religioso, custodito dalla chiesa è la scultura in legno a grandezza naturale del Crocifisso attribuita a Giacomo Colombo (fine ‘600/inizi ‘700). I vallesi da sempre ne hanno grande venerazione e la sua importanza è dimostrata dal fatto che lo stesso luogo è chiamato anche “chiesa del Crocifisso” (mia nonna, vissuta sempre nei pressi dell’ex monastero, parlava “ru Crucifisso re Sanda Catarina”, unendo forse inconsapevolmente i due culti e i due nomi e attestando, così, la lunga tradizione nata praticamente con la stessa cappella).

Statua del Crocifisso. Particolare

Per la sua struggente e drammatica bellezza, che rimanda a tante altre opere dello stesso periodo presenti soprattutto nel Meridione, la scultura ha dato luogo a una tradizione fino a qualche tempo fa ancora viva. Ce ne dà testimonianza il can. Pinto in una sua lettera del 5 aprile dello stesso 1949, rivolta al popolo per ottenere offerte necessarie al restauro. Scrive – riferendosi alla nostra chiesa – di un “tempio tanto ricco di tradizioni paesane ed in cui è esposto alla venerazione l’antico e miracoloso Crocifisso, che una volta, a quanto ci viene tramandato, parlò ai nostri avi”.

Leggenda o verità? Un argomento di fede usato da un sacerdote o un modo per richiamare l’attenzione su quell’oggetto d’arte usato dal canonico anche per favorire offerte in favore del restauro? Non lo sappiamo, né lo sapremo mai. Forse non è neanche necessario chiederselo. Ciò che è importante è quella tradizione popolare, nata dall’indubbia forza magnetica dell’immagine e capace di costruirle attorno un’aura di suggestione, di sacralità, di soprannaturalità non dissimile da quelle delle icone orientali.

Proprio in ossequio a tali caratteristiche, don Alfredo aveva ritenuto di collocare la statua sull’altare maggiore, in modo che attirasse subito lo sguardo dei fedeli nelle funzioni o quello dei visitatori appena superata la soglia d’ingresso.

Se non vi basta aver letto e volete anche guardare, se non avete timore di cadere nella suggestione e desiderate essere arbitri nella faccenda, date uno sguardo alle foto che seguono, magari cercate di entrare nella chiesa in questione e poi – se riuscite a togliere lo sguardo da quel volto – diteci, con tutta la vostra razionalità postmoderna, se quell’uomo non vi parla davvero!

Statua del Crocifisso. Particolare
Statua del Crocifisso. Particolare
Statua del Crocifisso attribuita a G. Colombo
Statua del Crocifisso. Particolare
Statua del Crocifisso. Particolare
Statua del Crocifisso. Particolare
Statua del Crocifisso. Particolare
Statua del Crocifisso. Particolare

Author: manlio morra

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