C’era una volta la Gelbison… e c’è ancora!

Quasi vent’anni fa, usciva una bella pubblicazione dedicata alla Gelbison. A curarla era uno dei dirigenti storici della squadra di calcio vallese: l’avv. Lello Nicoletti. L’occasione era offerta dal risultato straordinario conseguito nella stagione 2006/07, che aveva visto per la prima volta il team raggiungere la serie D. Un campionato vissuto da protagonista, quasi una marcia trionfale verso la promozione col record di essere l’unica squadra – dalla serie A all’Eccellenza – imbattuta in quella stagione. L’evento meritava di essere ricordato, anche e soprattutto perché coincideva con i cinquant’anni dalla nascita ufficiale della stessa squadra. Alla luce di quel successo, fu naturale cercare di ripercorrere quel mezzo secolo di storia sportiva e sociale di Vallo.

Nessuno poteva farlo meglio di Lello, che quei cinquant’anni li aveva vissuti tutti fin da quando – come scrive lui stesso – portava i calzoni corti ed era già animato dall’amore per il calcio. Per lui, e per tanti ragazzi e giovani di quel difficile dopoguerra, la nascita nel ’56 della Gelbison fu l’inizio di una passione destinata a non spegnersi. Perciò, raccontare per immagini la storia di questa grande, e duratura, passione fu – nel 2007 – il coronamento di un sogno per quel ragazzo ormai cresciuto. Quella era, infatti, anche la sua storia.

Districandosi tra foto ingiallite, ricordi sbiaditi, dati e date non sempre puntuali, cronache di incontri d’altri tempi, nomi e nomignoli di giocatori leggendari o quasi, storie di dirigenti, allenatori e calciatori che ci mettevano il cuore in tempi in cui denaro ne circolava poco, il curatore – sostenuto dalla società sportiva – riuscì a dare alle stampe un volume ricco di contenuti e di grande qualità editoriale. Un libro apprezzabile anche da chi non ama il calcio, perché fatto di passioni e con passione, perché racchiude la vita di una comunità in un arco temporale medio-lungo.

Il curatore del volume: Angelo Raffaele Nicoletti

A una prima anche rapida scorsa, il librone si rivela subito una miniera di immagini e, quindi, di ricordi personali e comunitari; ma, soffermandovisi più attentamente, si rileva come esso non mantenga le sue promesse. E meno male! Perché contiene più di quanto dica il titolo e, forse, delle stesse intenzioni iniziali. Non è, infatti, solo una “storia per immagini”, nonostante queste prevalgano sul testo, ma è una storia tout court, grazie agli interventi di tanti protagonisti: calciatori, allenatori, dirigenti, tifosi che raccontano, in modi più o meno documentati ma sempre appassionati, il loro ruolo in quella grande storia. Racconto e foto, poi, non partono da quel ’56, anno della nascita ufficiale della Società Sportiva Gelbison, ma da prima, presentando anche l’oscuro trentennio precedente, quando una squadra con quel nome esisteva già ma non era ufficialmente costituita né partecipava a campionati regolari. Dunque, si tratta non di cinquanta ma di ottant’anni di storia (1926-2006).

Le prime formazioni: anni Venti e Trenta

Oggi che il nome Gelbison risuona sui campi di calcio da quasi cent’anni, e tante altre storie e altri successi si sono accumulati, è un bell’esercizio di memoria tornare a sfogliare quelle pagine e trovarvi uomini, passioni, sforzi diversi eppure uguali rispetto a quelli dei nostri giorni. Ed è anche un modo per ricordare l’amico Lello, a pochi mesi dalla sua scomparsa.

La Gelbison – scrive il curatore – nacque nel 1926 come squadra di calcio di Vallo della Lucania” e, fino al ’48, nonostante le vicissitudini politiche e belliche, “disputò molti incontri con squadre del Salernitano e blasonate formazioni professionistiche, tra cui: Salernitana, Cavese, Potenza”, tutti incontri nei quali “si comportò sempre con onore senza mai sfigurare”.

Questo è il periodo delle origini, quello eroico, del calcio praticato per pura passione, a livello dilettantistico, su campi polverosi malamente delineati e privi di spalti, quando la squadra indossava una maglietta a strisce bianconere (tipo Juve) oppure a tinta unica (forse granata), come risulta dalle foto in bianco e nero, e la divisa degli arbitri contemplava un’elegante giacchetta nera (che a noi sembra un po’ ridicola), segno del loro ruolo o forse della loro autorità in campo. Sono gli anni in cui i calciatori fanno il saluto romano (costretti, forse anche convinti), sono in gran parte vallesi e dai nomi poco conosciuti. Tra loro comincia a giocare il giovanissimo Giovanni Bianco, poi noto come “l’avv. Bianco”, per tutti Giannino, che sarà calciatore e allenatore anche nel dopoguerra. E, infine, sono gli anni in cui a Vallo non c’è un vero campo di calcio. Nel ’29 ne nasce uno sul terreno di Mario Mainenti (in località Varduci, dove oggi ci sono i ponti della Variante), poi ampliato qualche anno dopo; ma quel campo è utilizzato soprattutto dalle organizzazioni fasciste che inquadrano i giovani. D’altronde, una squadra ufficiale non esiste e non esisterà a lungo neanche nel dopoguerra. Ma già nel ’46, come segno di rinascita, viene ristrutturato il vecchio campo sportivo, grazie a don Fulvio Parente e all’impegno di tanti giovani vallesi dell’epoca. Proprio don Fulvio, ad aprile di quell’anno, benedice il vecchio nuovo campo, che sarà utilizzato per qualche tempo.

Aprile 1946: don Fulvio Parente benedice il ristrutturato campo sportivo in località “Varduci”
Aprile 1946: don Fulvio Parente benedice il ristrutturato campo sportivo in località “Varduci”
Giovanni Bianco indossa una delle prime maglie della Gelbison (inizi anni ’50)

A metà circa del seguente decennio si pone, però, il problema di dotare il paese di un campo di calcio idoneo e di una squadra ufficiale capace di disputare un campionato dilettantistico. Ed è ancora don Fulvio a venire in soccorso al comitato appositamente costituito acquistando nel ’55 un terreno in località “Sterze” e iniziando i lavori per la sua sistemazione. Tali lavori, grazie ad ulteriori finanziamenti e all’intervento del Comune, vennero ultimati nel ‘58. Il 2 luglio di quell’anno il nuovo campo sportivo può così essere inaugurato. È il giorno della Madonna delle Grazie (il settimo Decennio) e a don Parente, divenuto intanto il primo parroco di S. Maria in Vallo, viene naturale dargli il nome di “Mater Gratiae”, in segno di ringraziamento per quanto fatto e di benedizione per ciò che resta da fare.

Anche se migliore del precedente, il campo rimaneva abbastanza rudimentale ma era comunque quanto bastava per partecipare ufficialmente ai campionati cui la squadra era iscritta. Infatti, nell’autunno del ’56 si era costituita la Società Sportiva Gelbison Vallo e già l’anno dopo la squadra aveva partecipato al campionato di “II Divisione Montana girone I”. La possibilità di giocare in casa, dopo aver dovuto disputare le gare casalinghe in altri campi, consentì alla Gelbison di classificarsi al primo posto nell’annata ’58-59 e di passare in I divisione (o categoria). Il consiglio direttivo della società era costituito dall’ing. Antonio De Luca (presidente), da Aldo Piccini (segretario), da Aniello Schiavo (cassiere) e dai consiglieri: avv. Giovanni Bianco, dott. Vincenzo Schiavo, prof. Pietro Fiordelisi, prof. Angelo Feola, Ermenegildo Sabatino, avv. Giuseppe Di Vietri, geom. Alberto Schiavo. L’avv. Bianco fu l’allenatore-giocatore dei primi due anni, mentre il notaio Giovanni Morra fu nominato presidente onorario. Quest’ultimo era stato uno dei promotori della costituzione della nuova società e sarebbe rimasto vicino alla squadra, finanziandone le attività, per i successivi vent’anni divenendone per tutti “l’anima”. Per questo, a metà anni ’70, poco dopo la sua scomparsa, il “Mater Gratiae” avrebbe preso il suo nome.

Il nuovo campo sportivo e la costituzione ufficiale della squadra sono il segno che Vallo, dopo i difficili anni del conflitto e i problemi del primissimo dopoguerra, va lentamente crescendo. Le amministrazioni comunali negli anni ’50 – quella dell’avv. Bellucci e del prof. Rinaldi –, pur operando in mezzo a enormi difficoltà e un po’ controvoglia, cominciano ad avvertire la necessità di occuparsi anche dei temi sportivi, sollecitate soprattutto da quel gruppo di professionisti e appassionati locali che a metà di quel decennio fa nascere la nuova società per tenere alto il nome “Gelbison”, che era già per molti motivo di orgoglio non solo sportivo. A coagulare tali forze, un vallese acquisito come il notaio Morra, e un giovane sacerdote come don Fulvio Parente, entrambi appassionati di calcio, di sport, di giovani.

La formazione della Gelbison 1957-58

La formazione della Gelbison 1958-59 (a sinistra, col cappotto, l’allenatore avv. Bianco)
La formazione della Gelbison 1959-60 (al centro, col cappello, il notaio Morra; alla sua destra, il presidente A. De Luca; primo a sinistra, in piedi, l’allenatore avv. Bianco)

Il primo successo della Gelbison – la vittoria del campionato di II categoria – fu degnamente festeggiato a Vallo. Così lo ricorda l’avv. Nicoletti: “La sera in cui si vinse la gara contro l’Atena Lucana per 4 a 2 ed il campionato di IIa Divisione, presso il bar Sarnicola venne invitata ai festeggiamenti anche la squadra ospite, si brindò a lungo con tutti i calciatori della Gelbison. L’allenatore Giovanni Bianco e Giuseppe Di Vietri, Pietro Fiordelisi, Gino Storti, Aldo Piccini, Angelo Stifano e Antonio Schiavo parteciparono all’evento sportivo gioiosi ed esultanti per la prestigiosa vittoria sportiva riportata dalla squadra, frutto di tanti sacrifici e di una conduzione tecnico-organizzativa eccellente … Anche don Fulvio Parente ed il notaio Morra, quella sera, si commossero festeggiando la vittoria del campionato. Noi eravamo orgogliosi e ci sentivamo protagonisti del successo conseguito. In una piazza affollatissima, suonò la banda musicale e si spararono, nel corso della festa che durò l’intera nottata, fuochi d’artificio messi immediatamente a disposizione da Cesarino Mainenti … Tra fette di pane di casa e prosciutto paesano, il tutto accompagnato da un’abbondante bevuta di vino ‘quello tuosto’, Aniello Santomauro declamava versi e cantava insieme a tanti altri concittadini. Fu veramente un’indimenticabile festa di sport”.

E fu festa, possiamo dire, per tutti i successivi anni Sessanta, quando l’entusiasmo di molti giovani vallesi, l’impegno dirigenziale di tanti professionisti locali, l’attaccamento alla squadra di un nutrito gruppo di tifosi, permisero di giocare, in casa e fuori, partite e campionati sempre più appassionanti, fino alla vittoria del ’72-73, che consentì di passare dalla Prima categoria alla Promozione. In questo quindicennio, si migliorarono l’organizzazione della società e il terreno di gioco, venne potenziata la squadra sul piano tecnico con nuovi giocatori, sia locali che esterni, e furono ingaggiati allenatori esperti. Un periodo “glorioso” per una Gelbison che si confrontava quasi sempre alla pari con “squadroni” di realtà territoriali più grandi e con maggiori risorse, come – ad esempio – le compagini di Battipaglia, Scafati, Cava, Pagani.

Tante le figure che emergono in questa fase: da Giannino Bianco, il primo allenatore-calciatore, che guidò la squadra anche nel ’61-62, ai tecnici De Vivo e Amendola, che le diedero maggiore personalità, trasmettendo mentalità vincente e spirito di gruppo; da giocatori come Cappucci e Galietta a presidenti come Angelo Stifano (il bracciodestro del notaio Morra, presidente onorario), Aldo Piccini e Pietro Fiordelisi.

Su Bianco, così scrive Vincenzo Bruno, l’estroso e compianto professore, giocatore della Gelbison anni 50/60, che lo ebbe come coach: “Fra tutti gli allenatori quello che ricordo con maggiore nostalgia e gratitudine è ‘mister’ Giannino Bianco, bandiera di un calcio pulito e concreto. Era una guida unica, l’amico psicologo, che con lo sguardo riusciva a vedere la colpa del singolo per l’errore commesso in campo, ma anche la possibilità di riparare lo stesso errore in tempi brevi, perché l’amore ferito era per lui ancora amore autentico verso la maglia e certezza di un immediato riscatto”. Marcello Feola, altro calciatore locale, ricorda il “simpaticissimo geniale avv. Giovanni Bianco, sempre allegro, ironico nelle battute e dalla duttile intelligenza non solo calcistica, il ‘Bernardini’ vallese”; un ricordo ravvivato soprattutto dal fatto che fu lui a farlo debuttare nella squadra a 14 anni. Insomma, una figura carismatica, per molti un maestro di vita.

Lo stesso Feola scrive anche del primo tra gli allenatori più esperti ingaggiati dalla Gelbison (1959-60 e ’62/63): “… mister Alfredo De Vivo, nativo di Spalato ex mezzala di rango dell’Hajduk S. K., più volte campione nazionale Jugoslavo e vincitore della coppa d’Europa, in Italia aveva militato in serie A nella Triestina insieme a Nereo Rocco. Meticoloso nella preparazione atletica, creò un collettivo che giocava alla ‘danubiana’ (anche senza pallone), che sapeva agonisticamente lottare e vincere”.

Negli stessi anni (’58-64) militò nella Gelbison Nicola Cappucci, ritenuto dalla stampa dell’epoca giocatore “dotato di una tecnica calcistica da categorie superiori” e da molti tifosi “il più bravo e tecnico calciatore” che abbia avuto la squadra vallese. “Tutto il suo gioco – scrive l’autore del volume – era basato sull’estro e su una raffinata tecnica individuale, era fornito di un dribbling ubriacante e finte mozzafiato. Spesse volte partiva, palla al piede, dal centrocampo e dopo aver dribblato l’intera difesa arrivava dinanzi alla porta avversaria e con un ‘doppio passo ed una finta’ metteva il pallone nell’angolo opposto a quello in cui si tuffava il portiere … Nella partita Gelbison – Pontecagnano, conclusasi con la vittoria della Gelbison per 12 a 1, segnò ben 7 reti (record ancora imbattuto) e consentì la realizzazione di altre 3 reti con assist da vero virtuoso del calcio”. Insomma, uno dei personaggi più memorabili di questa storia, ammirato da tutti a detta dello stesso Lello (che lo vide giocare da ragazzo e cercava di imitarlo nelle partitelle con gli amici).

La cronaca del clamoroso “cappotto” realizzato dalla Gelbison nel 1959/60 grazie soprattutto a Nicola Cappucci (nella foto)
Al centro, col cappello, mister Alfredo De Vivo (1959-60)

Lucio Amendola ricorda il lungo periodo in cui fu allenatore della Gelbison, a partire dalla metà degli anni Sessanta, quando, per ringiovanire e rimpolpare la squadra di buoni elementi, ma anche per contenere i crescenti costi di gestione, furono inseriti i giovani provenienti dalla squadra Vallo Boys, fondata da don Fulvio Parente e da Carlo Fiordelisi (e allenata da Gino Storti) con ragazzi essenzialmente di Vallo. Fu una scommessa, ma si riuscì a vincerla. Nel ’65/66 – scrive Amendola – “allenai per la prima volta la Gelbison con tanti giovani tecnicamente validi tra cui: Dolce [in seguito, trasferito al Napoli], De Vita, Di Lorenzo, Pace, Nigro, Rossi, Scavariello”, che, amalgamati con giocatori di esperienza, consentirono un buon piazzamento. L’anno seguente, “si ebbe l’innesto di altri calciatori, tra cui Veneroso, Di Motta, Siervo, Savo, Olivaro, Veltri, Maiuri”, mentre nella stagione ’68/69 fu la volta di un’altra nidiata di giovani, “tra cui Molinaro, Attanasio, Battistelli, Sapio, Fiorillo, Passaro, Rinaldi”. Due anni dopo, “maturarono altri elementi locali di ottima caratura tecnica che furono determinanti per tale campionato tra cui Multari, Amorelli, Scanniello II°, Mautone e Galietta il quale è stato il più prolifico goleador della Gelbison” (per la cronaca: “144 goal dal 1970 al 1982 con la gloriosa casacca rosso blu”, come scrive lui stesso).

È con queste forze, frutto soprattutto dell’ambiente giovanile coltivato dalla dedizione di don Fulvio (che amava i giovani e, con loro, il calcio), che la Gelbison vince il campionato del ’72/73 e, per la prima volta, arriva in Promozione. La cronaca, con molta coinvolgente enfasi, proviene da Antonio Di Lorenzo, uno dei ragazzi di questi anni: “Un manipolo di giovanotti, tutti sorretti da un’adrenalinica incoscienza, ma da una vitalità tecnico agonistica rimarchevole, rinverdirono a suon di risultati il magico vessillo ‘rosso blue’. Era la compagine di Aniello Mautone detto ‘piscione’, del sottoscritto, di Scavariello, di Emilio Molinaro, di Multari, di Gesù Valletta, di Domenico Di Motta detto ‘cucciolone’, di Virgilio Maiese detto ‘fierrrofilato’, di Scanniello, di Quisisano, del tecnico Lucio Amendola, era la Gelbison dei Vallesi. Il ciclo di questo gruppo culminò nella vittoria del campionato di prima categoria nel 1972. La Gelbison sopravanzò la compagine Salernitana del Milion Mobili del vulcanico presidente Milione. Memorabile fu la vittoria dei Vallesi a Salerno per 1 a 0 del marzo 1972 contro la diretta inseguitrice Milion Mobili, quando grazie ad un euro goal di Virgilio Maiese si mise il suggello alla vittoria del campionato”.

Carlo Fiordelisi e don Fulvio Parente, presidente e fondatore della squadra Vallo Boys
Carlo Fiordelisi e don Fulvio Parente, presidente e fondatore della squadra Vallo Boys
La Gelbison di Lucio Amendola (1965-66)
La squadra vincitrice del campionato di Prima categoria nel 1972-73 (con la maglia rossoblu, divenuti i colori ufficiali della squadra)

A rinnovarsi, in quegli anni, fu anche la dirigenza, con il coinvolgimento di numerosi professionisti e appassionati locali, quali Francesco Chirico, Carmine De Cesare (Mimì), Luigi Guarnieri, Raffaele Marotta, Nicola Panzuto, Gennaro De Marco, Nicola Greco, Lello Nicoletti (che – l’abbiamo detto – seguiva la squadra da sempre).

La seconda metà dei Settanta, è il periodo dell’allenatore Vincenzo Voccia, salernitano divenuto vallese, amato ed apprezzato per i suoi trascorsi calcistici (aveva giocato nel Napoli e nella Salernitana) e per le sue capacità tecniche e umane. Voccia prosegue nella politica di impiegare e valorizzare giovani di Vallo e del suo territorio, ma non riesce a evitare la retrocessione nella stagione ’76-77, rimediandovi però già l’anno seguente con un campionato da primato. Scrive, con orgoglio, l’avv. Nicoletti che, nel ’77-78, la squadra “si presentò ai nastri di partenza della prima categoria, consapevole della propria forza e del torto subito nella stagione precedente. … I calciatori, fortemente motivati, diedero il massimo. L’impegno, l’abnegazione, l’attaccamento ai colori sociali consentirono una straordinaria cavalcata verso il successo. La Gelbison stravinse il campionato da assoluta protagonista. Durante tutta la stagione calcistica, il bar Mimì divenne, ancor di più, il centro del calcio vallese, ogni domenica si riunivano centinaia di sportivi, per festeggiare insieme ai calciatori, all’allenatore ed ai dirigenti le vittorie conseguite. La Gelbison realizzò 64 reti e Franco Galietta segnò 18 goal. I risultati finali furono di 21 vittorie, 7 pareggi e 2 sconfitte … I punti realizzati in classifica a fine campionato furono 47”.

Galietta, Voccia, Fiorillo (1976/77)
La Gelbison di Vincenzo Voccia (1976/77)

Intanto, a metà di quel decennio, muore il notaio Morra, che, pur non assumendone mai il titolo, era sempre stato il “vero” presidente della squadra. Negli stessi anni, i colori sociali diventano definitivamente il rossoblu, mentre il campo, pur con la nuova denominazione e con qualche miglioria, rimane sostanzialmente lo stesso, con i suoi problemi di spazio per le tribune e di qualità del terreno di gioco. La società diventa una Polisportiva, ma la situazione economica stenta a migliorare di molto e si continua a puntare soprattutto sullo spirito agonistico locale e su un sano dilettantismo.

Negli anni ’80 e ’90 la squadra alterna stagioni in Promozione e in Prima categoria, tra momenti esaltanti e fasi difficili, si ingaggiano vari allenatori col ritorno di Amendola e Voccia (’82-83/’84-85) e un ex come Franco Galietta, sulla panchina negli anni ’89-90 e ’93-94. A partire dal ’91-92, la squadra milita in Eccellenza, mentre nuovi interventi sul campo lo rendono più adeguato alla categoria e più funzionale (a metà degli anni ’80, ad esempio, la ditta Rozzi aveva costruito gli spogliatoi). Si amplia e si rinnova anche la dirigenza, con l’assunzione di responsabilità da parte di Pietro Parente, Alberto Schiavo, Giovanni Di Spirito, Raffaele Miraldi, Silvano Lucibello, Rosario Morrone, Mario Speranza, Damiano De Cesare, Luigi Di Vietri, Antonio Sansone, Mario Fariello. Emergono nuovi giocatori, soprattutto locali grazie al vivaio delle giovanili e della scuola calcio (tra gli altri, Iannuzzi, Fariello, Sirignano). Comincia, però, a farsi avvertire come sempre più necessaria una organizzazione della struttura societaria su basi più solide e moderne, di tipo manageriale, aumentando il numero dei soci e la consistenza finanziaria. È quanto viene avvertito soprattutto da presidenti come Lucibello, Parente, Schiavo, Sansone, che tentano di affiancare al mai spento spirito agonistico locale una maggiore capacità imprenditoriale. Insomma, dilettanti sì, ma in grado di operare in un mondo calcistico che ha nuove regole, si è fatto più veloce, dinamico, professionale. Ci riescono solo in parte, senza far uscire del tutto la squadra dai limiti finanziari (e tecnici) di un ambiente piccolo, che spesso chiede molto più di quanto è disposto a dare. Ma i semi piantati in questi anni lentamente maturano con l’emergere di una nuova mentalità con gli sviluppi societari dei primi anni duemila.

Francesco Chirico (presidente), Mario Cavaliere (allenatore), Lello Nicoletti (dirigente) – 1978-79
Francesco Chirico (presidente), Mario Cavaliere (allenatore), Lello Nicoletti (dirigente) – 1978-79
Luigi Di Vietri, Nicola Greco, Silvano Lucibello, Damiano De Cesare (1982-83)

La Gelbison dell’allenatore Franco Galietta (1989-90)
Gildo Sabatino (tra i fondatori della Gelbison) e Pantaleo Giuliano (1990-91)

Risale al 2003 l’avvio del progetto “Comprensorio”, quello cioè di costruire una società e una squadra coinvolgendo più Comuni dell’area Parco, migliorando il modello organizzativo e aprendo a nuove forze. A spingere in tale direzione è il presidente Maurizio Puglisi, alla guida della squadra dall’anno prima, che riesce a portare nell’orbita societaria imprenditori quali Tortoriello, Schiavo, Lombardi. La Società è, in sostanza, rifondata e prende il significativo nome di “Comprensorio Cilento Gelbison”, con l’obiettivo di raggiungere in tre anni il campionato Nazionale Dilettanti. Si allestisce un team di calciatori di primo piano, con i fratelli Santaniello, Vicidomini, Genco, Puleo, Trezza, ed altri che lo rendono competitivo. L’obiettivo non è centrato, nonostante gli sforzi e la presenza sul mercato. In tre anni, però, la squadra offre prestazioni di ottimo livello e ottiene buoni piazzamenti, arrivando a disputare i play off nella stagione 2005/06. Un periodo esaltante, ma anche difficile perché l’ambiente si aspetta e chiede insistentemente la promozione in serie D, che non arriva facendo nascere proteste e contestazioni. Puglisi lascia, la presidenza è assunta da Emilio Tortoriello, l’obiettivo rimane lo stesso.

La Gelbison del presidente Maurizio Puglisi (2002-03)
Una bandiera della Gelbison: Pantillo
Tortoriello, Puglisi, Reielli, Maffia (2003-04)

È la stagione del cinquantennale – 2006-2007 – quella della vittoria dopo aver dominato il campionato, battendo ogni record. La Gelbison conquista la serie D, risultato storico di cui vanno riconosciuti i meriti anche, e soprattutto, al precedente presidente, rimasto tifoso come tutti i dirigenti del passato.

La formazione vincitrice del campionato di Eccellenza (2006-07)

A Vallo si fa festa, qualcuno ancora ricorda le promozioni del ’58-59, del ’72-73 e del ’77-78. Erano tempi diversi, certamente più spartani e con meno pretese, ma la gioia è la stessa. Il paese è cresciuto, ha più ambizioni, ma il suo cuore popolare e “paesano” è rimasto quello di sempre. La squadra ne ha accompagnato lo sviluppo, vivendo con esso gli alti e bassi di una storia pluridecennale. Forse la Gelbison non è più quel “sogno da inseguire” che era stato per i ragazzi degli anni ’70 e ’80, come scrive Franco De Cesare, uno di quei ragazzi. I giovani del nuovo millennio non giocano più per strada o “su campi polverosi di periferia”, ma la Gelbison continua a suscitare in loro emozioni e rimane quel che è stata da sempre: “momento di crescita sociale e culturale per l’intero territorio”, come scrive non senza commozione Franco Galietta, un altro dei suoi giocatori; una bandiera del calcio locale, come Giannino Bianco, Nicola Cappucci, “Pantillo”, e tanti altri che la memoria e il cuore di ciascuno amano ricordare.

La festa Serie D

Calcio, tanto calcio c’è in questo libro, ma più di tutto – nelle parole dei protagonisti, nei documenti riportati, nelle centinaia di foto riprodotte – c’è tanta vita, quella di generazioni di vallesi che hanno gioito, sono rimasti delusi, si sono esaltati e abbracciati, depressi e rattristati, trovando sempre le ragioni per sentirsi comunità. In fondo, qualcuno diceva che giocando insieme ci si riconosce pari, anzi di più: fratelli.

Author: manlio morra

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