Tra retorica della Vittoria e memoria dei Caduti: Turillo Sindoni a Vallo

Se passate per il foggiano, non mancate di fare un giro nella ridente cittadina di Troia, dove, in Piazza della Libertà, potete ammirare il monumento ai caduti locali della Grande guerra. Indugiando sul bronzeo gruppo scultoreo, potreste avere una curiosa sorpresa, soprattutto se abitate a Vallo e frequentate la sua piazza principale. Guardate un po’ qui sotto!

Monumento ai caduti di Troia (Foggia). Foto da S. Cardullo, M. Sindoni, Turillo Sindoni. Un tempo scultore di fama mondiale, Kimerik, Patti, 2020

Vi ricorda qualcosa? Sì, lo so, la foto poteva essere migliore! Ma aguzzando lo sguardo e con uno sforzo di memoria non sarà troppo difficile scoprire l’arcano. La statua nel foggiano assomiglia a un’altra che ci è familiare o dovrebbe esserlo a chi sa ancora staccare gli occhi dallo smartphone. Se non ci siete ancora arrivati, se nessuna lampadina si sta accendendo nell’affollata stanza della memoria, può essere d’aiuto la foto che segue.

Monumento ai caduti di Vallo

Più che assomigliarsi, i due monumenti sono la copia l’uno dell’altro. L’autore di entrambi è lo stesso artista, il siciliano Turillo Sindoni, che dovette realizzarli a non molta distanza di tempo (probabilmente il pugliese è la copia di quello in piazza Vittorio Emanuele). Sappiamo, infatti, che il nostro fu collocato lì dove si trova tutt’ora ad ottobre del 1925 (ne abbiamo parlato in un articolo dell’anno scorso, ancora presente nel sito), mentre quello di Troia risale a novembre dell’anno seguente. A guardar bene, però, queste sono le date della loro inaugurazione; le statue erano state realizzate un po’ di tempo prima. Quella vallese reca anche la data, che è il 1924. Non andiamo lontani dal vero a pensare che la fusione sia stata sostanzialmente contemporanea, viste le continue richieste che provenivano allo scultore dai tanti comitati costituitisi nei comuni italiani per onorare i propri caduti nella guerra mondiale.

Monumento ai caduti di Vallo. La “firma” dell’autore nella parte frontale della statua.

Sindoni è oggi del tutto sconosciuto, ma un tempo era “scultore di fama mondiale”. Così recita il sottotitolo di un libro a lui dedicato un paio d’anni fa da Simone Cardullo e Massimo Sindoni, concittadini e discendenti dell’artista (che ringrazio per la liberalità nel concedermi il diritto all’uso di immagini del saggio). Un libro che ho scoperto per caso, incuriosito da quel nome citato dal cronista della cerimonia di inaugurazione svoltasi il 18 ottobre del ’25 a Vallo e inciso a chiare lettere alla base della parte frontale della scultura (firma che però in paese, oggi, non dice più niente a nessuno, confermando l’oblio da tempo calato sullo scultore). I due autori vi tracciano, credo per la prima volta, un rapido quadro biografico e, soprattutto, forniscono il catalogo delle sue opere, molto ampio e sostanzialmente completo (ne elencano circa 120).

Turillo (vezzeggiativo di Salvatore o Salvadore) visse dal 1868 al 1941, ma il suo periodo di maggior fama è da collocarsi ai primi anni del Novecento e, soprattutto, agli anni della Prima guerra mondiale e a quelli immediatamente successivi quando, in un certo senso, si specializza nella realizzazione di opere in memoria dei caduti, celebrative del conflitto italiano e della vittoria conseguita dalla patria, che trovano la loro collocazione nei monumenti ai caduti sparsi in tutta Italia.

Il suo attivismo è testimoniato dalle numerosissime opere realizzate a cavallo dei due secoli: dal busto di Giuseppe Verdi del 1901 – oggi presso i Musei Capitolini, ma non esposto – a quello di Menotti Garibaldi di pochi anni dopo; dal busto di Ruggero Leoncavallo dello stesso periodo – oggi nel museo dedicato al musicista a Brissago in Canton Ticino (Svizzera) – a quello del senatore Tancredi Canonico del 1912 (presidente del Senato dal 1904 al 1908), ancora esposto in uno dei corridoi del Senato. I materiali usati vanno dal bronzo alla pietra, dal gesso al marmo, spesso lavorati nei suoi tre atelier romani aperti negli anni antecedenti la Prima guerra mondiale. È qui che riceve committenti, amici e non di rado esponenti di casa Savoia. Turillo, infatti, frequenta gli ambienti di corte, dove è introdotto in questi anni, e spesso sono gli stessi reali (soprattutto la regina Margherita) ad acquistare sue opere, quelle che oggi fanno parte delle collezioni del Quirinale. L’importanza dell’artista e le sue entrature sono testimoniate dalla nomina a Commendatore della Corona d’Italia conferitagli dal re nel 1911.

Busto di Verdi del 1901 (Foto da S. Cardullo, M. Sindoni, “Turillo Sindoni…”)
Busto di Leoncavallo (Foto di S. Cardullo, M. Sindoni, “Turillo Sindoni…”, tratta da La Domenica del Corriere del 21 agosto 1927)

Il salto di qualità lo compie – come si accennava – a partire dagli anni del conflitto mondiale, quando si inserisce abilmente nel clima commemorativo dei caduti e celebrativo della guerra patriottica, dedicandosi alla realizzazione di monumenti un po’ in tutta Italia e anche all’estero. Un’attività molto redditizia perché la “monumentomania” di questi anni è diffusissima e i committenti, che spesso sono i Comuni, fanno a gara a ordinare busti, statue, bassorilievi e quanto possa onorare gli eroi locali della guerra. Il “salto” da lui compiuto riguarda più la quantità che la qualità delle sue opere, spesso ripetitive quanto a soggetti e scene e non di rado realizzate, oggi diremmo, in fotocopia, quasi come produzioni in serie per soddisfare committenti interessati all’aspetto celebrativo più che a quello artistico.

Scrive Andrea Italiano, nella Prefazione al saggio di Cardullo e Sindoni, che egli “riesce a inserirsi nella ‘retorica’ della vittoria” già nel 1917, con un monumento per il ministero della Guerra, e aggiunge: “L’estetica retorica e magniloquente, il modellato eroico e dannunziano, piacciono subito ai regnanti Savoia, che dopo la guerra promuovono a piene mani l’attività di Sindoni come propagandista ufficiale della vittoria”. È da qui che “parte la commissione per una serie sterminata di statue da collocare nei sacrari e nei monumenti ai Caduti di ogni parte d’Italia”. Ma il favore dei sovrani non sarà, qualche anno dopo, quello dei fascisti e di Mussolini, perché la “nuova Italia” del “duce” non può essere la stessa dei regnanti. Insomma, qui si scontrano due diverse e contrastanti “retoriche della vittoria”.

Il dato più significativo fornito dal prefatore è quello critico: “Possiamo, in definitiva, definire Sindoni uno scultore eclettico (quindi tra classico e liberty), con uno stile tipico di chi si forma al verismo ottocentesco tra Italia e Francia, di formazione realista e simbolista, in possesso di un linguaggio artistico, tutto esteriore e retorico, patetico ed emozionale”. È in queste caratteristiche che risiede il suo essere un “isolato”, un “attardato” su stilemi sorpassati, perché la sua attività si svolge in un periodo “in cui l’eclettismo, il realismo e la retorica vengono fortemente criticati e superati dalle avanguardie storiche (futurismo, cubismo, dadaismo, surrealismo) che invece propongono un’arte diversa, meno referenziale e più riflessiva, più polemica, più visionaria e ludica, più lontana dalla gente e più vicina alle cose, forse”.

Ma questo suo essere “fuori tempo”, questo suo praticare un’arte ancora ottocentesca non gli impedisce di diventare, appunto, il “propagandista ufficiale della vittoria”. Il clima provocato dalla guerra, il sacrificio di migliaia di soldati, la distribuzione capillare del lutto in ogni comunità del Paese, la vittoria finale costata sofferenze indicibili, sono tutti aspetti che creano una volontà di celebrare la nazione e di ricordare chi si è sacrificato per essa. A tutto ciò, la retorica, lo stile eroico e il linguaggio emozionale di Sindoni sembrano rispondere alla perfezione.

E allora, ecco l’“Allegoria del soldato come eroe”, monumento del 1917, ancora oggi sito nel palazzo del ministero della Difesa, e in seguito riprodotto più volte per altre composizioni scultoree; il monumento ai caduti della Prima guerra mondiale del 1919 collocato nel palazzo del ministero dell’Economia e delle Finanze; quello ai Postelegrafonici caduti del 1920, sito in Piazza San Macuto a Roma e realizzato col bronzo dei cannoni austriaci; il monumento ai caduti di Tortorici (Messina) del ’21, che riproduce ancora l’“Allegoria del soldato eroe”; quello ai caduti di Ronciglione (Viterbo) del ’22, inaugurato alla presenza del principe ereditario Umberto; l’altorilievo “Vittoria e sacrificio” del ’24 dedicato ai caduti di Mazzarino (Caltanissetta). E decine di altri che ripetono, spesso pedissequamente, lo stile eroico e patetico dell’artista, gradito ai committenti e, forse, esplicitamente richiesto.

Allegoria del soldato come eroe (1917). Monumento ai caduti della Prima guerra mondiale. Palazzo del ministero della Difesa, Roma (Foto da S. Cardullo, M. Sindoni, “Turillo Sindoni…”)
Monumento ai caduti di Tortorici (ME) del-1921. (Foto da S. Cardullo, M. Sindoni, “Turillo Sindoni…”)
Monumento ai caduti di Ronciglione (VT) del 1922 (Foto da S. Cardullo, M. Sindoni, “Turillo Sindoni…”)
Monumento ai Postelegrafonici caduti. Piazza S. Macuto, Roma (1920, realizzata col bronzo dei cannoni austriaci. Foto da S. Cardullo, M. Sindoni, “Turillo Sindoni…”)
Monumento ai caduti di Mazzarino (CL) del 1924 (Foto da S. Cardullo, M. Sindoni, “Turillo Sindoni…”)

Nel clima di questi anni si inserisce anche la volontà dei vallesi di onorare le proprie vittime, che sono circa un centinaio. Un comitato “pro monumento ai caduti” si costituisce poco dopo l’insediamento della seconda amministrazione comunale guidata dal possidente locale Gaetano Passarelli (ottobre 1920), probabilmente nel corso del ’21. I promotori contattano, forse insieme ad altri, lo scultore Sindoni, che, a gennaio del ’23, si reca in paese per accordarsi col comitato. Così leggiamo sul numero di quel mese del giornale locale “La Voce del Cilento”: “È stato qui giorni fa il Prof. Cav. Sindona valoroso artista scultore napolitano per concretizzare e stabilire con la commissione locale ove deve sorgere il monumento ai caduti di questa cittadina”. Il cronista commette due errori, forse sintomo della scarsa conoscenza locale dell’artista: il cognome (ma può essere un errore di stampa sfuggito al correttore) e la provenienza dello scultore, che è, invece, un siciliano (di Barcellona Pozzo di Gotto, nel messinese) attivo soprattutto a Roma.

L’incontro è proficuo e si stabilisce di collocare l’opera nella piazza principale nell’area antistante il palazzo del Municipio (d’altronde, l’amministrazione comunale è la principale promotrice dell’iniziativa e il suo capo, Passarelli, sarà il più importante finanziatore del monumento); ma passano i mesi e l’opera non viene consegnata, anzi in paese non se ne ha notizia. Si tratta forse di problemi finanziari, della difficoltà di raccogliere fondi in anni di crisi postbellica segnati da inflazione ed emigrazione; oppure è Sindoni a ritardare, oberato com’è da commesse provenienti da enti e privati.

La piazza prima della collocazione del monumento (Foto da “del Bello dell’Antico e del Curioso sulla città di Vallo della Lucania”, Comune di Vallo, CPCC, Acciaroli, 2000)

A luglio del ’24 è ancora il giornale locale a farsi portavoce dello scontento. Un suo anonimo cronista scrive: “Una domanda semplice al Comitato ‘Pro monumento ai caduti’. Quando tale monumento s’inaugurerà? La popolazione attende impaziente tale assicurazione perché incomincia a sospettare che il Professore Sindoni non ne abbia ancora iniziato il lavoro. Sarà vero? Speriamo di no”. I sospetti nascevano forse dalla preoccupazione dei vallesi di essere gli ultimi ad avere il proprio monumento, visto che se ne stavano inaugurando diversi in zona e, a maggio dello stesso anno, era stato inaugurato in pompa magna quello della vicina Agropoli, in presenza dei deputati della provincia (quelli fascisti, eletti appena il mese prima), del segretario provinciale dei fasci, Matteo Adinolfi, e del prefetto Solmi.

Agropoli, 11 maggio 1924. Inaugurazione del monumento ai caduti. A. Pecora è il Presidente del comitato promotore (Foto da A. Esposto, Il Fascio di Agropoli nei suoi cinque anni di passione, Di Giacomo, Sa, 1927).

In realtà, la statua – come sappiamo – viene realizzata proprio quell’anno e, nel giro di qualche mese, collocata al suo posto. A luglio del ’25 è ancora la nostra fonte giornalistica a informarci della vicenda scrivendo: “Alfine il monumento ai caduti è stato situato; una bella ed artistica ringhiera, eseguita dal meccanico Ernesto Nicoletti, ha notevolmente arricchito il monumento”. A testimoniare l’attesa e la cura dell’evento, la cronaca fornisce anche un altro particolare che va a completare il sacrario ai caduti: “Un artistico stemma in bronzo e piombo del Comune di Vallo, su disegno del non mai troppo compianto Professore De Mattia, ed esecuzioni dell’Orafo sig. Tommaso Campanile, è stato donato dal Prof. Can. Teologo Di Vietri al Municipio. Il Sindaco ha molto gradito il gentile dono ed ha ordinato che fosse incastonato nella bella ringhiera del Monumento ai Caduti”. Ora è davvero tutto pronto per la solenne inaugurazione che si terrà il successivo ottobre con una cerimonia civile, politica e militare (e fascista) di cui già vi abbiamo raccontato nell’articolo “18 ottobre 1925…”, al quale vi rimandiamo.

Lo stemma offerto dal can. Di Vietri , disegnato dal prof. De Mattia e realizzato dall’orafo Campanile (Foto da T. Cobellis, Origini e storia di Vallo della Lucania, Spera, Vallo, 1929).
Lo stemma di Vallo incastonato nella ringhiera del monumento ai caduti (Foto d’epoca da “del Bello…”, particolare)

La statua rappresenta la Vittoria e la Patria, entrambe personificate dalla figura di donna a seno scoperto, che, con la testa cinta d’alloro, guarda la fiaccola dell’Eternità (e/o della Libertà) retta dalla sua mano destra protesa in alto; con la sinistra, la stessa figura regge la mano di un soldato morente (che simboleggia il Sacrificio) il cui ultimo sguardo è fisso verso la medesima fiamma che brucia in alto (come a dire: il milite sta per spegnersi, ma il suo sacrificio non è vano perché la fiamma che ha contribuito ad accendere non si spegnerà in eterno). Sotto le due figure compaiono una bocca di cannone e altro materiale bellico, evidente riferimento al conflitto mondiale.

Monumento ai caduti di Vallo.
Monumento ai caduti di Vallo
Monumento ai caduti di Vallo particolare

Si tratta di un’allegoria che risponde alle intenzioni celebrative dei committenti ed è l’esempio tipico dello stile di Sindoni. C’è retorica, ma è voluta e finalizzata a dare il giusto pathos ai tragici eventi che tutti i contemporanei avevano vissuto come cronaca personale e nazionale. Gli elementi rappresentati sono un must per l’artista in questa fase della sua carriera in cui svolge il ruolo di “lavoratore della gloria” (M. R. Nappi, I luoghi della memoria, cit. in Cardullo – Sindoni, Turillo Sindoni. Un tempo scultore di fama mondiale, Kimerik, Patti, 2020). Per questo, egli li ripete di continuo nelle sue produzioni. A volte, si tratta di vere e proprie copie, come nel nostro caso; altre, di composizioni con variazioni sul tema, come nei casi di Vittoria, in provincia di Ragusa, dove la donna ha le ali, rappresentando la Vittoria alata; e di Caserta, ancora una Vittoria alata, praticamente copia di quest’ultima, oggi inserita in un monumento costruito in seguito da altri.

Una diversa rappresentazione, sempre opera di Sindoni (del ’25), della Vittoria alata è quella del monumento ai caduti di Nocera Inferiore.

Monumento ai caduti di Vittoria (RG) del 1924 (Foto da S. Cardullo, M. Sindoni, “Turillo Sindoni…”)
Monumento ai caduti di Caserta del 1927. La Vittoria alata di Sindoni è collocata sopra l’arco (Foto da S. Cardullo, M. Sindoni, “Turillo Sindoni…”)
Monumento ai caduti di Nocera Inferiore (SA) del 1925 (Foto da S. Cardullo, M. Sindoni, “Turillo Sindoni…”)
Disposizione originale della Vittoria alata di Caserta (Foto da S. Cardullo, M. Sindoni, “Turillo Sindoni…”)

Chiudiamo questo piccolo viaggio tra eventi di un passato che forse non riesce più a parlarci, pensando che non sia stato inutile richiamare alla memoria persone, ambienti, idee, suggestioni appartenute a un mondo ormai lontano ma dal quale pur sempre anche noi discendiamo, attraverso i tanti sottili fili che legano le generazioni, i tempi, i destini degli umani.

Qui sotto, la copertina del volume che ci ha fatto da guida, nella quale compare la statua di Nicola Filotesio, detto “Cola d’Amatrice”, collocata nella celebre località del reatino nel 1915 e restaurata dopo il recente terremoto. Nel cerchietto in alto a destra, la foto dell’autore: Turillo Sindoni.

Author: manlio morra

1 thought on “Tra retorica della Vittoria e memoria dei Caduti: Turillo Sindoni a Vallo

  1. Buongiorno, ringraziamo Manlio Morra per la puntuale disamina dell’opera di Turillo Sindoni e non solo.
    L’Arte e la Storia Gli sono riconoscenti. Simone Cardullo e Massimo Sindoni

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